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Firme > Penultima fermata

Oltre i limiti del male

di Elena Granata

I bambini sono il bersaglio. Non sono più gli effetti collaterali dell’intervento armato, sono da sterminare in modo sistematico e meticoloso, procurandone la morte o la lenta sofferenza, affamandoli, terrorizzandoli, stremandoli, riducendo i loro piccoli corpi a campo di battaglia, da cui escono mutilati, storpiati, consumati, invecchiati. Quello che sta accadendo a Gaza, la resistente, toglie il fiato, sgomenta e atterrisce.

Le dichiarazioni degli uomini di guerra non lasciano dubbi, non sentono più neppure il bisogno ipocrita di mascherare la verità: bambini e neonati saranno eliminati tutti, fino a che non ci sarà più il dubbio che possa crescere una generazione nuova. Sono i bambini palestinesi che da settimane vivono una delle pagine più terribili della nostra storia. E il pensiero non può non andare a quella strage degli innocenti voluta da Erode, dove vennero uccisi tutti i bambini maschi sotto i due anni, per evitare di tenere in vita il Messia, colui che finalmente poteva mettere in discussione il potere politico di Roma. Come bersagli sono le donne, gli anziani, gli ammalati, i giovani, i ragazzi, i malati degli ospedali, i medici, i soccorritori. In una sovversione diabolica tra bene e male è chi fa il bene il primo ad essere sacrificato dalla legge della violenza. Sono le voci libere, i giornalisti coraggiosi, i testimoni pacifici a pagare il prezzo più alto.

Il male scatenato contro il popolo palestinese è un male programmato, desiderato, calcolato, progettato; è sofisticato nel suo essere terribilmente malvagio. Viola tutte le norme internazionali e persino l’osceno codice di guerra che qualche codice di rispetto pure lo conservava. Sono stati colpiti e distrutti gli ospedali, sterminati i medici e il personale di soccorso, colpite le scuole e gli asili, gli spazi di gioco dei bambini.

Non c’è via di scampo, né di fuga, come nelle città di cui leggevamo nella storia e nell’epica, nella forma dell’assedio. Strana città Gaza, isolata da tutto e da tutti, persino dal suo mare e dalla sua terra, città che è cresciuta su se stessa non potendo espandersi, così come è accaduto a tutti i ghetti della storia: città dei bambini, dove quasi il 70% dei residenti ha meno di 30 anni e il 47% meno di 18.

Sono loro il bersaglio. La loro giovane vita, la loro energia, i loro sorrisi, la colpa di appartenere ad uno dei popoli più giovani e deboli del pianeta. Li si uccide con le bombe, con i droni intelligenti, da testare per altre guerre cosiddette intelligenti, capaci di scovare i bambini tra le rovine; li si uccide con la fame, con le infezioni che dilagano tra le povere case. Li uccide la fame, la sete, il caldo. Li uccide un esercito di giovani drogati da odio e risentimento, dall’eccitazione del male e del dolore. Come in un’età primordiale dell’umanità, senza umanità, senza compassione, senza limite alcuno. Noi guardiamo da lontano – impotenti e arresi – e tutto questo dice molto anche di noi.

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