Nuova Zelanda, la virtù della naturalezza

Che cosa significa essere neozelandesi? Vivere in comunione con la natura e, soprattutto, con gli altri umani. Anche questo è il messaggio lasciato da Maria Voce, la presidente dei Focolari in visita in Oceania
Emmaus e Faletti

In questi giorni Wellington è splendente, direi brillante d'estate e di luce propria. Già di per sé lontana dalle piazze dove si fa la storia, l'economia e la politica internazionale, la capitale neozelandese trasmette sentimenti di distacco «dalla frenesia della vita moderna», avrebbe detto Calindri. Ma Wellington offre tutte le novità tecnologiche più avanzate e gli strumenti finanziari più innovativi; la sua naturalezza non viene dal rifiuto della modernità, ma dal suo inserimento in un contesto ambientale ancora pulito e ricco. Basta uno sguardo alle alture della città che ospita le ben note casette immacolate, immerse in una fitta vegetazione verde e grassa.

In occasione del viaggio di Maria Voce e Giancarlo Faletti in Oceania, la comunità locale dei Focolari invita amici e conoscenti – circa 250 persone – per un incontro in cui si parla di Vangelo. Sembrerà forse un’anacronistica proposta, perché qui spesso Dio è considerato irrimediabilmente passato di moda, e gli insegnamenti del Vangelo predicati nelle chiese sembrano cose da marziani. Eppure…

Tommy e Brenda sono due neozelandesi, acquisiti come tutti o quasi i locali, salvo la minoranza indigena dei maori, il 16 per cento della popolazione.

Lui viene da New York, è un giornalista sposato a una fotografa neozelandese, ed ha tre piccoli, deliziosi “kiwi” (soprannome che indica i neozelandesi). Racconta delle sue piccole avventure familiari nella valle piana e verdissima del Pinot Noir, quella di Martinborough: la piccolezza delle decisioni familiari quotidiane che richiedono un costante riferimento all'amore di Gesù.

Brenda invece è nata qui, ma è originaria delle Filippine e ha pure lei tre figli. Racconta a sua volta della scoperta di una vita evangelica semplice, naturale appunto, ma che cambia quanto esiste attorno a sé. Anche al lavoro, dove la logica del profitto è la regola.

«La forza delle testimonianze è che se sono vere e sincere sono indiscutibili. La serenità di Tommy e la pace di Brenda mi colpiscono, non tanto quello che hanno raccontato, ma perché sembrano la loro natura più vera», mi dice un giovane capitato qui per caso. E una donna sulla sessantina, lì accanto: «Il Vangelo è rimasto nella mia libreria troppo a lungo. Lo devo rispolverare».

Che questo invito non sia anacronistico lo dice anche l'arcivescovo di Wellington, mons. John Dew, che introduce Maria Voce come se presentasse un'amica, anche perché con lei ha condiviso l'esperienza del recente sinodo sulla nuova evangelizzazione. Dice mons. Dew: «Il focolare sta crescendo qui in Nuova Zelanda, ed è anche per questo che siamo privilegiati di avere tra noi Maria Voce e Giancarlo Faletti, che ci mostreranno la prospettiva della nuova evangelizzazione secondo la spiritualità dell'unità. La loro testimonianza convince, ve l'assicuro».

La presidente racconta così della “buona notizia”, «che non vale solo per i cattolici o i cristiani, perché la sua esperienza e la sua diffusione è universale». Il cambiamento nella vita delle persone che incontrano il focolare, spiega, è proprio determinato dall'incontro col Vangelo di ogni giorno, che diventa la loro vita naturale, perché si rivela credibile e vivibile, perché sì costata come le promesse di Gesù si realizzino. Sì chiede qualcosa a Dio, e lo si ottiene, non per una sorta di “contratto”, ma semplicemente perché si ama. Naturalmente.

Maria Voce ricorda ancora il Vangelo: «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri». E sottolinea come «la testimonianza comunitaria renda credibile il Vangelo, cioè quella di coloro che vogliono la presenza di Gesù tra di loro. Ed è allora Gesù stesso che diventa il testimone, e convince, e conquista cuori e anime per l'amore che vi mette. È lui il principale artefice dell’evangelizzazione». Nuova o vecchia che sia…

Nel corso del dialogo che segue si affrontano temi attuali, universali, come il dialogo interreligioso («non bisogna aver timore della religione altrui, perché il dialogo è essenzialmente un dialogo tra fedeli, non tra sistemi di pensiero», dice Maria Voce); la persecuzione dei cristiani in tanti angoli del mondo (Giancarlo Faletti ricorda la figura del cardinale vietnamita Van Thuan, che pur in prigione ha voluto amare i suoi aguzzini, riuscendo a intenerirgli il cuore); le difficoltà dell'economia (e la presidente racconta dell'Economia di Comunione, «che nasce dalla vita della comunione di beni richiesta dal Nuovo Testamento»).

Nei lunghi momenti di saluto che si intrecciano all'uscita dalla sala del Saint Mary's College, si costata la cordialità non affrettata della gente neozelandese. Una giovane donna abbraccia un'amica che l'ha invitata e la rimprovera bonariamente (e un po’ enfaticamente): «Perché non mi hai raccontato prima di questa gente? L'ho cercata per boschi, per mari e per valli e ce l'avevo accanto!». Un uomo sulla cinquantina, invece, è meno entusiasta: «Vorrei conoscere qualche impresa di Economia di Comunione, perché c'è qualcosa che non mi quadra. Nella mia azienda se dessi soldi ai poveri mi licenzierebbero subito. Ma in un mondo senza ideali, evviva gli idealisti!». Infine, una suora filippina: «Mi è sembrato di respirare l'aria che sembrava avvolgermi quando decisi di seguire Dio. Evangelizzare in questo modo mi piace proprio, mi sembra naturale, come questa gente».

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