Nella terra di Mario Diana

Al Belvedere di san Leucio nel casertano si ricordano i trent’anni dell’assassinio dell’imprenditore di Casapesenna. Non commemorazioni di rito, ma le pagine de "Le Confessioni" di Agostino, lette da Alessandro Preziosi invitano il pubblico a tracciare percorsi di rinascita
ALESSANDRO PREZIOSI

«Quella di Mario Diana forse non è una figura simbolica dell’anticamorra, per noi sempre alla ricerca di miti e di eroi. Forse Mario era troppo normale, era un semplice padre, un uomo innamorato della sua terra, un imprenditore che voleva lavorare da uomo libero». Con queste parole, la giornalista Maddalena Maltese ha introdotto la serata dedicata all’imprenditore di Casapesenna assassinato dalla camorra trent’anni fa.  Il complesso monumentale del Belvedere di San Leucio a Caserta ha ospitato oltre duemila persone, intervenute per ricordare l’imprenditore e per manifestare vicinanza ai figli, che hanno continuano e ampliato l’azienda paterna, facendone una delle imprese leader nel settore del riciclo dei rifiuti.

Magistrale, da parte di Alessandro Preziosi, la lettura e l’interpretazione di alcuni intensi brani tratti da “Le Confessioni di Sant’Agostino”: le pagine sulla libertà, il tempo, la fede, il senso della sofferenza scritte dal vescovo d’Ippona nel IV secolo dopo Cristo riproducevano interrogativi e percorsi attualissimi che hanno tenuto con il fiato sospeso un’attentissima platea. «Ho avuto l’onore di interpretare Don Giuseppe Diana – ha detto a conclusione Preziosi – e credo che insieme a Mario Diana rappresenti quella coscienza sociale fatta di una volontà unica e non corruttibile. Nel nostro intimo è molto difficile riuscire ad entrare in un concetto tanto complesso, ma chi è alla guida di un Paese, di una città, di una circoscrizione, di una Questura, di una Prefettura, di un qualsiasi ambito di questa meravigliosa terra, non dovrebbe mai dimenticare di affermare un’unica e indivisibile volontà: il rispetto della dignità umana».

Mario Diana aveva 49 anni quando nella piazza della sua cittadina venne colpito da tre killer, per difendere dalle infiltrazioni della camorra la sua società di trasporti. La sua capacità imprenditoriale lo aveva portato a lavorare inizialmente nel mondo agricolo, poi in quello delle costruzioni e a fine anni ’70 in quello industriale, collaborando anche con il gruppo Montedison per il trasporto delle materie prime e degli scarti.  Poi l’assassinio inspiegabile che ha dovuto attendere quasi trent’anni per veder condannati assassini e mandanti. La moglie Antonietta, le figlie e i figli sono stati tra i primi, in terra casalese, ad essersi costituiti parte civile ed erano in prima fila nel seguire anche il breve corto “Non invano”, ideato dalla Fondazione Diana e realizzato dal regista Carlo Sgambato assieme al giovane scultore napoletano Ciro Vignes che ha modellato un busto con il volto di Mario.

Se oggi lo stabilimento Erreplast dei fratelli Diana è all’avanguardia in Italia per riciclo delle plastiche, la fondazione in memoria di Mario è un’altra palese risposta alla violenza mafiosa, quasi che il dolore, se vissuto come occasione di dono verso gli altri ed il proprio territorio, può essere clamorosamente fecondo, perché numerosi sono i progetti portati avanti per valorizzare il patrimonio culturale, storico e artistico, nazionale e locale, sviluppando la sensibilità ambientale e favorendo l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale.

Lo scenografico gioco di luci che ha accompagnato i vari momenti della serata hanno restituito a questa terra un testimone, quasi che ha squarciato il buio del malaffare che ha falcidiato queste terre, che prima che essere Terre dei fuochi sono terre dei Diana, del sacerdote don Peppe, dell’imprenditore Mario e di quanti non si sono arresi alla notte per aprire circoli virtuosi di speranza anche a costo della vita.

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