Nel Sahara di fratel Charles

In Algeria, sulle tracce di de Foucauld, questo pellegrino dell’Assoluto che s’è fatto fratello universale, accoglienza verso tutti
deserto del sahara

Quella del rampollo dei visconti de Foucauld è una storia che meriterebbe di essere trasposta per il grande schermo. Una giovinezza irrequieta e dissipata, immersa nei piaceri del mondo ma insidiata dal tarlo della noia, insofferente di ogni disciplina. Agnostico, congedato con disonore dalla carriera militare per cattiva condotta, si dedicò ad esplorare una zona sconosciuta del Marocco (la sua relazione scientifica gli meritò una medaglia d’oro dalla Società di Geografia di Parigi).

Poi, scosso dall’esperienza del deserto e più ancora dalla fede totalitaria di alcuni musulmani, la conversione improvvisa: «Nello stesso attimo in cui cominciai a credere che c’era un Dio, compresi che non potevo fare altro che vivere per lui; la mia vocazione religiosa risale alla stessa ora della mia fede». Prima monaco trappista, in seguito al servizio delle suore clarisse a Nazareth per tre anni, ascoltò il richiamo del deserto e una volta ordinato sacerdote trovò in Algeria, presso i tuareg di Tamanrasset, la sua vera Nazareth dove condurre una vita simile a quella nascosta e laboriosa di Gesù prima della sua uscita a vita pubblica.
Cosciente di essere soltanto “seme”, sognò una nuova famiglia religiosa e ne scrisse la regola, il cui estremo rigore spaventò il suo direttore spirituale. Ma invano, nei dodici anni trascorsi nel profondo Sahara, attese dei compagni che condividessero quella vita umile e povera, fatta di silenzio, preghiera e adorazione del Santissimo, di abbandono fiducioso in Dio. L’albero coi suoi frutti sarebbe cresciuto soltanto dopo la sua morte. E difatti sono numerose le congregazioni che oggi si ispirano all’esempio di fratel Charles e alla sua spiritualità incentrata sull’Eucaristia e su Cristo crocifisso.

Con la sua competenza militare, diede consigli tattici ai responsabili francesi degli insediamenti coloniali, arrivando a costruire un fortino per proteggere le tribù del posto dagli attacchi marocchini. Fu anche pioniere di un’opera imponente che lo impegnò fino alla fine della sua vita: il dizionario francese-tuareg e tuareg-francese, la raccolta di testi letterari e tradizioni di questo popolo che conosceva solo la trasmissione orale, come pure la traduzione in tuareg di passi della Scrittura: e ciò per preparare la via agli operai del Vangelo che sarebbero venuti dopo di lui. Dapprima aspirante al martirio, desiderò più tardi vivere per il bene delle misere popolazioni che tanto amava, riamato, e tuttavia trovò il martirio durante un’incursione dei senussiti della Tripolitania ribelli al dominio coloniale.

«Jamais arrière». «Mai indietreggiare» era il motto che si leggeva sul blasone dei visconti de Foucauld. E fratel Charles vi rimase davvero fedele: gaudente e dissipato fino in fondo, soldato fino in fondo e, dopo la conversione, discepolo di Cristo fino in fondo, cioè santo, come tale è stato riconosciuto degno degli onori degli altari, con la beatificazione avvenuta nel 2005.

Attira questo asceta intransigente con sé stesso e insieme tenero verso il prossimo, che ha cercato Dio nella povertà, nel silenzio, nella natura sconfinata, nei notturni stellati e nelle giornate incandescenti dei deserti; attira il suo porsi in disparte scegliendo l’ultimo posto, quello che nessun altro gli avrebbe conteso.

Nel cercare i suoi passi, siamo giunti a Tamanrasset, la capitale del popolo tuareg: oggi una città di centomila abitanti nel mezzo del Sahara, ma misero villaggio di sessanta anime nel 1905, quando de Foucauld vi arrivò, costruendovi il primo eremo-chiesa-studio (accanto ad esso custodiscono la memoria del fondatore due Piccole Sorelle); sempre a Tamanrasset siamo accompagnati nel fortino dove il 1° dicembre 1916 la sua vita fu stroncata da un colpo di fucile. E poi l’ascensione all’Assekrem, cima centrale del massiccio dell’Hoggar, dove egli costruì un altro poverissimo eremo, oggi abitato dai Piccoli Fratelli.

Non dovrebbero mancare in questo itinerario Beni Abbès, uno dei luoghi di sua residenza, ed El-Golea, dove si trova la sua tomba: anche queste tappe ricche di emozioni per gli incontri col deserto, con la pietra, con l’acqua, con le albe e con i tramonti, ma soprattutto con la gente del posto, quei tuareg che, pur servendosi dei mezzi moderni, sono rimasti gli uomini liberi e fieri di fratel Charles, in armonia profonda con la natura.
 

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