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Natale tra i conflitti del sud est asiatico

di George Ritinsky

- Fonte: Città Nuova

Mai avrei pensato di trascorrere Natale ascoltando bollettini di guerra: ma il riaccendersi del conflitto tra Thailandia e Cambogia era prevedibile per troppi motivi. Un conflitto che affonda le sue radici nel colonialismo del XIX-XX secolo e nei problemi mai affrontati che sono seguiti

Manifestanti in Thailandia per condannare la guerra con la Cambogia e chiedere le dimissioni del primo ministro, mostrando al contempo sostegno all’esercito thailandese lungo il confine tra Thailandia e Cambogia. EPA/NARONG SANGNAK

Il colonialismo: una delle piaghe dell’umanità, ancora lontana da essere sanata. Il protettorato francese sulla Cambogia fu un periodo cruciale nella storia del Paese, che durò dal 1863 al 1953. Durante questo periodo di 90 anni, la Cambogia fece parte dell’Indocina francese.

Sebbene il protettorato francese offrisse alla Cambogia un certo grado di protezione dalle potenze vicine (Siam e Vietnam) e dai disordini interni, esso sottoponeva anche il popolo khmer al dominio e all’ingerenza stranieri. Durante i 90 anni d’occupazione, i francesi sottrassero terre e isole alla Thailandia (a quel tempo Siam) lasciando una ferita nella storia del popolo thai non ancora sanata.

In questi anni, le dispute riguardanti l’occupazione dei templi hindu che si trovano al confine tra Cambogia e Thailandia, non sono state risolte. A detta dei cambogiani, i thai si sono appropriati delle colline sulle quali si ergono templi importanti dal punto di vista storico; dal canto loro, i thai accusano i francesi del protettorato cambogiano di avere letteralmente rubato a cannonate isole e terre ai thai.

Una volta spariti i colonizzatori francesi (dopo la sconfitta di Dien Bien Phu del 1954), fu la volta della guerra del Vietnam e, in Cambogia, si imposero i khmer rossi: i thai aiutarono i khmer rossi e offrirono loro rifugio al confine tra i due Paesi. E protessero dai vietnamiti i khmer, armandoli e addestrandoli. I thai consideravano i khmer il cuscinetto tra la Thailandia e i vietnamiti presenti in Cambogia: ma quelle terre “prestate” dai thai ai khmer cambogiani sono oggi il centro del problema. Erano terre thai vicine al confine, concesse momentaneamente affinché i khmer potessero difendersi dai vietnamiti.

Dopo però nessuno si preoccupò, una volta ritiratisi i vietnamiti dalla Cambogia, di cercare di risolvere con la diplomazia le dispute storiche e quelle moderne. Perciò oggi, a dicembre 2025, i problemi che da 162 anni rodono il cuore di cambogiani e thailandesi sono riemersi con violenza.

Il 7 dicembre 2025 sono ripresi i combattimenti (i precedenti risalivano a luglio di quest’anno) ma con una intensità e una potenza di fuoco mai viste prima. L’esercito cambogiano ha sparato da basi mobili centinaia di missili BM21, di fabbricazione russa (con una gettata di una cinquantina di chilometri), verso la Thailandia.

I thai hanno risposto con bombe lanciate da cacciabombardieri F-16, di produzione statunitense, e con attacchi sulle colline del lungo confine nord-est, lungo più di 800 km. Un fronte molto ampio, che tocca tutte le province thailandesi del nord-est: Ubon, Sisaket, Surin, Buriram, Chantaburi e Trat. Nessuno dei due contendenti intende tirarsi indietro ed il nazionalismo ha ripreso ad infuocare gli animi: conquiste e perdite delle colline si susseguono giorno dopo giorno, ma in pratica nessuno dei due contendenti riesce ad ottenere una vittoria netta. Entrambi i Paesi hanno innescato e diffuso ideologie nazionaliste tra le loro popolazioni, che chiedono la distruzione definitiva del nemico. Facciamola finita subito” si sente dire sia da una parte come dall’altra del confine. E ci si dimentica che quando un conflitto esplode, non si può sapere se e quando si fermerà, e quale sarà il prezzo da pagare.

In questo Natale, Gesù bambino nascerà anche qui, in questa terra, tra i profughi del Myanmar che continuano ad arrivare in Thailandia dal confine ovest, con le bombe da e verso la Cambogia a nord-est, con i blocchi navali nel golfo di Thailandia a sud.

Mi dà speranza pensare che anche Gesù appena nato era circondato da gente povera, e che anche i potenti di allora volevano eliminarlo, tanto che la famiglia dovette fuggire in Egitto. Ma, come spiega san Paolo nella lettera ai Galati, Gesù è nato “nella pienezza dei tempi”, cioè era quello il tempo propizio, scelto ed atteso da sempre per la venuta del Messia. Eppure era un tempo di occupazione militare, un tempo di guerra. Dio si è fatto uomo come noi e sa cosa significa fuggire, come sono strazianti le urla della gente, le ingiustizie, il sangue… Duemila anni fa non c’erano i missili BM21 e neppure gli F-16: ma era sempre guerra, sempre morti, sempre dolore.

Da questi confini, carissimi lettori, auguro un Santo Natale a voi ed alle vostre famiglie. Che sia un Natale di pace, almeno nei nostri cuori. Io ho deciso di pregare per i miei nemici, a cui non sparerò più nessun missile nemmeno col pensiero. Pace, pace e poi pace. La vita è così breve e le colline così tante: che bisogno c’è di uccidersi per qualche sasso? Prendetevi pure la mia collina, ma facciamo pace. Forse c’è bisogno di un cuore, di cuori che sappiano cercare la pace con l’altro, con gli altri. Basta morti e proclami di guerra, davvero basta. Vogliamo la pace in questo Natale.

 

 

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