Napoleone e il mito di Roma

A 200 anni dalla nascita una mostra ripercorre il fascino dell’Urbe sul Condottiero
Napoleone, common wikipedia

Napoleone. “Lui” non c’è mai venuto. Sognava a dire il vero di venire addirittura incoronato a San Pietro, come Carlo Magno, ma non ci è mai riuscito. Però di Roma e del suo mondo era innamorato.

Gli piaceva la storia: Giulio Cesare era tra i suoi modelli. Era esaltato dalla lettura delle biografie degli uomini illustri scritta da Plutarco, di cui si sentiva l’erede. Non per nulla come stemma aveva adottata l’aquila imperiale e per l’incoronazione a Notre Dame il 2 dicembre 1804 aveva indossato la porpora e cinto la testa con una corona d’alloro (aurea, ovviamente) e la sua corte vestiva all’imperiale, cioè come si usava ai tempi dei Cesari. Un esempio? Il celebre ritratto della sorella Paolina adagiata come Venere scolpito da Canova (Galleria Borghese), il grande artista neoclassico amato da Bonaparte.

I francesi Roma la conoscevano bene, nel Seicento schiere di artisti vi soggiornarono, da Simon Vouet a Poussin a Lorrain. Non tutti forse sanno che la celebre cappella Contarelli dipinta da Caravaggio nel 1600 a san Luigi dei Francesi apparteneva ad un cardinale francese, appunto.

Il Settecento poi, l’epoca del Grand Tour, aveva innalzato il mito della Roma antica come faro di civiltà e bellezza. Ma i francesi erano venuti pure in un altro modo: nel 1797 a rapire il papa Pio VI e a farlo morire a Valence, e poi nel 1809 a fare lo stesso con Pio VII. Finiva lo stato pontificio, Roma diventava la seconda città dell’impero, il figlio di Napoleone era designato come “re di Roma”. Il sogno di una Europa unita sotto lo scettro francese sulle orme di Cesare e Alessandro Magno pareva realizzato.

Ovvio allora che ai Mercati di Traiano, i grandi centri commerciali antichi così ben conservati, sotto le volte e dentro alle “tabernae” ci siano ben 100 pezzi di una rassegna intitolata “Napoleone e il mito di Roma”.

È un piacere visitarla. Si passa dal busto bronzeo colossale di Napoleone come Augusto, posto allora all’ingresso del Louvre – il Museo Napoléon -, agli spezzoni di film sul condottiero, dai suoi numerosi ritratti in marmo, alle stampe, ai gioielli, alle medaglie, ai busti del Canova e del grande “nemico” Pio VII. Si ricorda il progetto napoleonico di interventi sulla città antica per renderla simile a Parigi. Per fortuna non lo fece, avrebbero straziato Roma.  Però Napoleone volle portare Roma a Parigi. Un esempio?. Era affascinato dalla Colonna Traiana e fece liberare la zona intorno dalle costruzioni per ottenere una piazza circolare che ne esaltasse la forza. Servì da modello per la colonna in Piazza Vendome a Parigi, anche se a Roma non fu mai realizzata.

Nella rassegna spiccano i dipinti. La copia di quello dipinto da David con Bonaparte a cavallo vittorioso sulle Alpi, eroe rivoluzionario idealizzato, voluta da Carlo IV di Spagna per ingraziarsi Napoleone, che ha  voluto incidere sulla roccia i nomi dei modelli, Alessandro Cesare Carlomagno. L’uomo oscuro già diventato un mito. E poi il ritratto imperiale di Gérard proveniente da Ajaccio, dal museo del cardinale Fesch, zio di Bonaparte. E’ lui in piedi, frontale, sguardo deciso, aureolato, purpureo, dorato. Una divinità moderna.  Il piccolo soldato corso arrivato alla fama mondiale come un fulmine. È il nuovo Cesare delle nuova Roma. Arte e pubblicità al grado massimo, in questo aspetto Bonaparte era un nostro contemporaneo. Bisogna visitare la rassegna, riserverà sorprese di un mito che ancora dura.

la nuova mostra Napoleone e il mito di Roma sarà aperta al pubblico fino al 30 maggio 2021.

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