Politica

Transizione ecologica tra mito e realtà

Alcuni criteri per valutare le scelte del governo Draghi che ha dichiarato la centralità dell’opera dell’esecutivo a favore della “transizione ecologica”. Intervista a Enrico Fontana, noto esponente del mondo “ambientalista”. Promotore e curatore, tra l’altro, del rapporto annuale Ecomafie di Legambiente  

La transizione ecologica sembra essere il punto di accordo, ratificato da una votazione interna al M5S (primo partito in Parlamento), del nuovo governo guidato da Mario Draghi.

Ma in cosa consiste? Un’ennesima riverniciatura di vecchie politiche che hanno portato alla distruzione dell’ambiente?

Secondo l’economista francese Gael Giraud, «la transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l’invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX. O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!».

Non esiste un pianeta B di riserva. Se ne sono accorti, sembra, anche coloro che, finora, hanno irriso agli ambientalisti, considerati come un intralcio al progresso con la loro insistenza su quel principio di precauzione che ostacolerebbe la crescita economica e il progresso della civiltà. Esistono, poi, le ricostruzioni allarmate verso un ecologismo inteso quale nuova religione che vede nell’essere umano un intruso a favore di una concezione panteistica della natura.

Molto più concretamente Enrico Fontana, in questa breve intervista, mette in evidenza i problemi reali delle bonifiche dei territori che stentano a partire per mancanza di fondi. Dal sequestro dell’area ex Caffaro a Brescia alla conferma del nesso tra tumori e sversamenti nella Terra dei fuochi in Campania, emerge un piano che ha bisogno di scelte politiche nette e lungimiranti.

Non si può più affidare la grande questione ambientale a un ministero di serie B, afferma Fontana, cioè senza poteri e risorse da spendere.

E poi resta da verificare la redazione e la messa in atto del Piano nazionale di ripresa e resilienza da presentare in Europa, il punto discriminante in base al quale si sono registrati gli scontri tra i partiti, e con diversi portatori di interessi, che hanno portato alla fine del governo Conte 2.

Per Fontana, che è il promotore e curatore del rapporto annuale Ecomafie, costituirebbe un segnale molto negativo il prevalere delle tesi dell’Eni, partecipata dallo Stato, che mira a sostituire, nella produzione energetica, l’uso del carbone con quello del metano. E così ancora si rivelerebbe un fallimento un piano delle infrastrutture incentrato su grandi opere come il ponte sullo stretto di Messina che trova ancora forti sostenitori nonostante la “caducazione” del progetto affermata dall’allora ministro Delrio nel 2012 a favore di investimenti auspicati nel trasporto ferroviario al Sud e in Sicilia.

Elementi e note per una valutazione del programma dell’esecutivo di “alto profilo” auspicato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 

 

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