Milano è in mostra

Sembra diventata la città delle mostre, il capoluogo lombardo. Una attività cresciuta anno dopo anno - già prima dell’Expò – e che ormai l’avvicina, se non la supera, la stessa Roma
mostre

Il fatto è che la città ha un respiro culturale ampio, mitteleuropeo e si vede. E’ infatti capace di passare da un’epoca all’altra, tanto che chi va a visitare le rassegne può davvero fare  una sorta di viaggio nell’arte  tra passato  e contemporaneità.

Al Palazzo Reale può così deliziarsi con Rubens e la nascita del Barocco (fino al 27 febbraio). Un pittore che seminava colore in tele piccole o gigantesche con una facilità incredibile. Ha dipinto tutto e di tutto, mitologie, scene sacre e storiche, paesaggi e ritratti: con tinte sgargianti, creature piene di carne e di sangue, di una gran voglia di vivere e di gioia di essere al mondo.  Gente piena di salute. Forse il meglio lo dà nei ritratti, splendide immagini di una fantasia liberissima, vestiti che si fanno accarezzare. Un inguaribile ottimista.

Cambiamo sale e sempre nello stesso palazzo arriva l’Oriente, cioè andiamo in Giappone con i pittori Hokusai, Utamaro e Hiroshige. Fino al 29 gennaio (catalogo Skira). Quanto si sono emozionati gli artisti europei tra ‘800 e ‘900 di fronte alle immagini  preziose, nitide, delicatissime con bei colori primaverili. Particolari finissimi, paesaggi, figure, scene di casa o di caccia, temporali e marine. Uomini e donne eleganti, che paiono sussurrare più che parlare, nascondere emozioni come in una danza in punta di penna o di pennello. Ma non è un mondo lezioso, come certo Settecento nostrano, ma delicato, aristocratico. Conosce anche l’amore ma è espresso un attimo, perché tutto dev’essere intimo, come le sete che avvolgono i corpi. Una lezione di armonia.

A proposito di Settecento.

Alle Gallerie d’Italia, in piazza della Scala, non perdiamoci la Luce veneziana, fino al 5 marzo. I bagliori ultimi della Serenissima nei vedutisti Canaletto, lo zio, e Bellotto, il nipote, star delle vedute in tutta l’Europa. Ottimisti, sereni: Venezia non morirà mai, passano i governi ma lei rimane in eterno. E così scivola una luce bellissima, chiara e fresca, in ogni stagione, meglio in primavera, quando le piogge rischiarano l’aria  e la luce si sparge trasparente a far brillare le piazze, i canali, il mare, le chiese, la folla ciarliera e i turisti in cerca di divertimenti. Canaletto è più razionale, geometrico, puntilla i colori di zampilli, Bellotto è più caldo, più posato e grandioso. Collaborano, girano il mondo, forse non si amano troppo: tra parenti… si sa. Decine di tele e il bel catalogo Silvana editoriale.

 

Torniamo all’antico, perchè alla Pinacoteca Ambrosiana gli Uffizi fiorentini hanno prestato l’Adorazione dei Magi  di Albrecht Durer, il cantore del rinascimento tedesco, innamorato come tutti i tedeschi di Venezia, che non l’ha affatto ricambiato. Pazienza. Lui dipinge   una Adorazione dove si traveste da re mago, vestito di broccati e ori   e presenta alla florida ragazza germanica che fa da Maria i suoi doni.  Sullo sfondo le immancabili rovine antiche: perché ai precursori di Goethe l’Italia decadente e decaduta appare già un sogno romantico. E la fede? C’è, davvero, ma insieme – siamo o no in Italia? – l’amore per sé stessi, i bei vestiti,i bei colori e i bei cieli. L’Italia, una volta, quando ancora non c’era lo smog. Un capolavoro, comunque.

Torniamo più vicino a noi.

Jean-Michel Basquiat ritorna dopo quasi un ventennio da noi con una rassegna fino al 26 febbraio al Mudec. Un centinaio di opere per conoscere meglio questo intrigante artista meticcio, pazzo e geniale, con il suo stile graffitario,  diretto, senza schemi  e senza scrupoli. Una vita bruciata, un talento disperato con colori ruggenti, forme ora infantili ora esoteriche, un puzzle inestricabile a volte. Ma il tocco è fantasioso, irresistibile, c’è la fantasia che divora tutto e poi produce allucinazioni meravigliose, tranches de vie sublimate tra Africa ed America con una spasmodica energia. Peccato l’abbia consumata troppo presto. A 28 anni.  Da non perdere.

Ci consoliamo con l’arte sicura di Arnaldo Pomodoro – fino al 5 febbraio – alla sua Fondazione e in varie sedi. Sculture disegni modellini di progetti, foto e un percorso guidato attraverso  la città per festeggiare i novant’anni, una età che Basquiat  non ha  raggiunto. Invece questo vecchio grandioso, onnisciente, dall’arte graniticamente bella  la vita la sa ancora  dominare con le sue forme extratemporali. Il cosmo a portata di mano? Con Pomodoro si può. Vedere per credere.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons