Migranti, livello di allerta

Migranti in fila per la distribuzione del cibo vicino alla stazione Tiburtina a Roma

Gli incidenti scoppiati ieri attorno alle stazioni ferroviarie di Milano e di Roma Tiburtina sono un segnale preoccupante, l’ennesimo. Stato e società civile sono messi a dura prova dall’emergenza. A tre livelli; quello politico interno, quello solidaristico e quello europeo. Ed è su questi tre livelli che bisogna agire prima che sia troppo tardi, prima che la paura ottenebri le menti e che la demagogia prenda il potere.

 

La politica nostrana, a fini biecamente elettoralistici, sta sfruttando l’emergenza promuovendo una stucchevole rincorsa nelle stupidità linguistiche: si specula ad esempio su qualche decina di casi di scabbia, dimenticando ad esempio che alle Giornate Mondiali della Gioventù è raro il caso in cui tra i giovani anche europei non scoppino focolai del genere! Il governo cerca di tamponare le falle di un sistema precario, lottando contro la corruzione, l’inesperienza e la non duttilità dell’apparato statale. Sperando che il numero dei migranti in arrivo dalla sponda meridionale del Mediterraneo non aumenti troppo. In realtà non esiste un vero piano di assorbimento della migrazione realistico, che si basi cioè sulle cifre degli arrivi negli ultimi mesi.

 

Da parte sua, il sistema solidaristico, in massima parte cattolico, sta mostrando i suoi limiti. La squisita carità, la dedizione eroica di tanti, l’impegno personale e comunitario fatica a trovare nuovi sbocchi. Un impegno di supplenza, di sussidiarietà rispetto alle iniziative dello Stato, è stato messo in atto da tempo, ma ormai si sta raschiando il fondo del barile. Si sta facendo ricorso anche ai privati, alla gente di buona volontà che apre le proprie case ai migranti, per cercare di dare un piatto e un tetto alle migliaia di uomini e donne del Sud che ogni giorno arrivano da noi. Non si può pensare che le Caritas e le parrocchie riescano a reggere a lungo un tale stress.

 

L’Europa ha capito poco o nulla, purtroppo. Le migrazioni avviatesi apparentemente con la crisi dei Paesi del Nord-Africa – l’instabilità politica favorisce le mafie locali che gestiscono il traffico di esseri umani – in realtà hanno ragioni più lontane e remote. I migranti vengono in Europa per due ragioni: per sfuggire alle tante guerre che colpiscono sia il Medio Oriente che l’Africa, ma soprattutto per cercare un tenore di vita migliore. La rivoluzione digitale, cioè le paraboliche, Internet e i telefonini, mostrano ormai a tutti e in tutto il mondo il livello di benessere dell’Europa. Così milioni di africani, facendo il paragone con la grama vita che conducono a casa, pensano che in Europa potrebbero finalmente uscire dalla totale precarietà nella quale vivono assieme alle loro famiglie. Ora, non solo l’Europa non ha capito che tale flusso non è arginabile nel breve termine (per un migrante che arriva coi barconi, ce ne sono quattro che arrivano in altro modo!), ma non ha capito che non lo è nemmeno nel medio o lungo termine.

 

Erigere muri non è sufficiente, è frutto di una visione molto miope della situazione. Serve una presa di coscienza collettiva che le cose sono cambiate definitivamente, e che il fenomeno migratorio verso l’Europa va gestito con coraggio e oculatezza, seguendo tre direttrici: primo, stringendo accordi con i Paesi di partenza e regolando i flussi alla partenza; secondo, ridistribuendo i carichi immigratori tra i diversi Paesi del continente; terzo, con una lungimirante politica di integrazione rispettosa delle diversità, non creando ghetti (come in Gran Bretagna) né chiedendo di rinunciare alle proprie origini culturali (come in Francia). In una parola: l’Europa per non essere sommersa deve ridistribuire parte del suo reddito (non basta lo “zero virgola” del Pil come accade oggi) per arginare e pilotare l’onda migratoria che l’ha investita. Ma non riesce ad agire a nessuno di questi tre livelli. Non riesce nemmeno a spartirsi qualche decina di migliaia di profughi, che ben presto saranno milioni.

 

Una parola di speranza, tuttavia, è necessaria: la nostra Europa ha un’evidente crisi di creatività e di energia vitale. Creatività ed energia che potrebbero venire offerte, se adeguatamente controllate e incanalate, dalle folle dei migranti in arrivo dal Sud.

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