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Chi è Maria Ressa, premio Nobel per la Pace 2021

di George Ritinsky

- Fonte: Città Nuova

Quest’anno il Nobel per la pace è andato a Maria Ressa e e Dmitry Maratov, giornalisti in zone politiche molto importanti e significative: Filippine e Russia. Asia ed Europa. Un doppio segnale di sostegno a chi non si arrende al potere. Scopriamo qualcosa in più di Ressa.

Ricordo il filosofo Giuseppe Maria Zanghì che diceva ad alcuni amici dei Focolari, nel lontano 1981:Roma vinse la guerra con la Grecia, ma il pensiero greco conquistò tutto l’Impero romano ed è arrivato fino ai giorni nostri”. Quei valori della Grecia di 2.400 anni fa, ritornano, potremmo dire, ancora una volta in luce con l’assegnazione del Nobel per la pace a due giornalisti di valore e di grande coraggio: il russo Dmitry Maratov e la filippina Maria Ressa. Due storie molto simili: due piccoli Davide contro il potere dei Golia.

Socrate, il padre del pensiero filosofico greco, criticava i potenti del suo tempo riferendosi alle virtù morali: chi governa – affermava – deve essere un uomo virtuoso, e se non ha le virtù necessarie è inadatto per guidare la città, lo Stato, il popolo. Socrate pagò le sue idee con la vita, e la sua vicenda, da allora, è diventata storia sacra per tutto il genere umano. San Giustino, cinque secoli più tardi, ricordava Socrate nella sua prima Apologia e lo definiva un cristiano, perchè vissuto in conformità con il Logos; ed Erasmo da Rotterdam, quasi 2.000 anni dopo, è arrivato a dire: “Santo Socrate, prega per noi”. Oggi, quei valori politici e quelle virtù civili sono portati avanti anche da molti giornalisti. Non a caso, i giornalisti trucidati nel solo 2020 sono stati ben 66. Un prezzo alto per proteggere l’informazione fatta di verità scomode che vari Golia moderni tentano di nascondere.

Mi soffermo, in particolare, sul significato del premio asseganto a Maria Ressa, donna, asiatica, molto preparata (cosa che manca a molti giornalisti improvvisati) e una vera professionista, con quasi 20 anni di lavoro per la Cnn in Asia e ricercatrice sulla diffusione del terrorismo nel Sudest asiatico. Soprattutto una persona colta e completamente votata alla causa del suo popolo. Il suo giornale Rappler, che ha fondato insieme ad altre professioniste, vuole essere uno strumento per smascherare gli inganni e soprattutto formare coscienze politiche e civili nelle nuove generazioni di filippini. L’opinione pubblica filippina è alquanto divisa, oggi, tra gli osanna ed i crucifige nei confronti della giornalista.

Ressa ha intervistato personalmente, due volte, il presidente filippino Rodrigo Duterte: nel 1980 quando era ancora sindaco di Davao, e nel 2015 durante la campagna elettorale. I due, pertanto, si conoscono bene. La guerra contro la droga lanciata da Duterte è sempre stata sotto il microscopio non solo delle organizzazioni per i diritti dell’uomo, ma anche sotto quello di Maria Ressa, fin dall’inizio. E Maria Ressa ed il Rappler hanno denunciato fin dall’inizio le gravi lacune legali di una campagna violenta contro i sospetti trafficanti di droga, con azioni in stile militare, senza badare troppo alla legge, e portate avanti con l’approvazione “informale” del presidente Duterte. La spina nel fianco di Duterte, potremmo dire, sono stati proprio gli organismi internazionali d il Rappler, che hanno sistematicamente criticato il suo operato, e soprattutto l’uccisione di decine di migliaia di sospetti trafficanti, ammazzati senza esitazione e senza la formulazione di accuse precise.

Quando un politico è attaccato in quello a cui più tiene, deve rispondere con argomentazioni convincenti, dati scientifici e la solidità della sua preparazione. Il presidente Duterte, al contrario, non si è risparmiato nell’usare parolacce, insulti e barzellette volgari, soprattutto se i suoi interlocutori erano donne. Ed il popolo, anche molti giovani, gli è troppo spesso andato dietro. Talvolta anche membri della Chiesa, purtroppo. Maria Ressa ha denunciato tutto questo e molto di più, in questi 5 anni, con dati, prove, filmati, articoli e testimonianze: soprattutto con argomentazioni solide, usando il buon senso e quanto di meglio le scienze politiche hanno prodotto, nel senso più classico e logico (filosoficamente greco) ci possa essere. Tutto questo è terribilmente difficile da controbattere e scomodo da sopportare per chi ha fatto della violenza e dell’insulto il suo modus politicandi. Rappler è stato accusato di essere un giornale “completamente finanziato dagli americani” e su questa base arbitraria si sono susseguite rappresaglie legali e intimidazioni, fino a mettere Maria Ressa dietro le sbarre, per zittire il suo giornale con ogni mezzo possibile. Duterte ha sfidato l’opinione pubblica a prendere posizione contro oppure a favore di lui e del suo governo. Ecco la ragione della forza e della popolarità di Maria Ressa: una donna che ha sempre lottato pacificamente, confidando nella ragione, per la sua gente: una lotta per la verità e per liberare la gente dall’idolo della violenza e dalla mistificazione, anche se per sconfiggere il problema della droga.

Un Nobel, quello a Maria Ressa, che rende omaggio anche a tutte le filippine nel mondo intero: donne serie, lavoratrici, che sanno spesso sacrificare la propia vita per il bene delle famiglie lasciate in patria. Un premio a tante giornaliste del mondo, troppo spesso oggetto di scherno, derisione e sottovalutazione. Un premio a tutto il giornalismo di qualità, che paga con la vita il suo impegno.

 

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