Maria nei film contemporanei

Anche nella storia del cinema spesso la figura di Maria è legata alla vita di Gesù in un ruolo da non protagonista. Eppure molte pellicole hanno scandagliato la sua figura cercandone di coglierne sfaccettature e originalità.

Il più delle volte, al cinema, la figura di Maria è stata legata a pellicole sulla vita di Gesù. Un paio di immagini, tra le diverse, si impongono con forza alla mente di chi scrive, pensando al viso di Maria sul grande schermo. La prima è quella che in The Passion di Mel Gibson, del 2004, accompagna la sofferenza del Cristo ai piedi della croce. È un volto ancora giovane, quello della Madonna lì interpretata dall’attrice israeliana Maia Morgenstern, è un viso che all’epoca del film ha soltanto 42 anni, e che durante il patimento di Gesù è attraversato da un dolore umano, da una sofferenza profonda eppure, al tempo stesso, ferma, piena di una speciale dignità, sopportata con una forza straordinaria, con un contegno che non può essere soltanto umano. È una Maria che non sposta mai gli occhi dal figlio, è una donna che partecipa con tutta se stessa al dolore di Cristo, è una figura che è madre di un uomo e madre di Dio contemporaneamente.

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L’altra immagine è quella della Maria pasoliniana, in bianco e nero, ovvero la Madonna de Il vangelo secondo Matteo, del 1964. Pier Paolo Pasolini affida addirittura a sua madre, Susanna Colussi – donna semplice e già segnata dalla morte di un figlio: il fratello di Pier Paolo, ucciso durante gli anni della Resistenza – il ruolo della Vergine Maria nella rilettura cinematografica del Vangelo di Matteo. Pasolini compie questa scelta non soltanto perché il viso di sua madre rappresenta, al pari dei molti volti non professionisti del film, la semplicità e l’umiltà di una società antica come quella in cui visse il Cristo; ma anche e soprattutto perché il regista vuole simboleggiare la forza dirompente del messaggio cristiano paragonandosi egli stesso a Gesù, volendo sottolineare cioè la diversità morale e la forza rivoluzionaria (senza violenza) del suo Cristo attraverso un parallelo con il percorso che egli stesso, in questo caso artistico, intellettuale e politico, compie di purificatore solitario ed osteggiato nella società di massa degli anni Sessanta italiani. Ecco allora la scelta coraggiosissima di una madre “comune” tra Cristo e Pasolini.

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In alcuni casi, tuttavia, la Vergine Maria è divenuta il vero centro del film, la protagonista principale di un’opera cinematografica. Un primo esempio, in realtà piuttosto trascurabile, è quello di Marie de Nazareth, del francese di Jean Delannoy; un secondo è quello del film Io sono con te, di Guido Chiesa, del 2010, mentre un terzo, recentissimo – ancora in qualche sala – porta il titolo di Piena di Grazia diretto dal regista americano, e credente, Andrew Hyatt. Il film di Guido Chiesa, luminoso, paesaggisticamente vivace e tutto recitato in arabo e greco antico, racconta il ruolo di rottura che ebbe una giovanissima Maria all’interno della sua comunità. Una donna forte, dunque, non remissiva ma di grande carisma, una ragazza che seppe rompere le regole, ritenute ingiuste, della sua cultura patriarcale, trasmettendo la sua forza dirompente anche al figlio. La pellicola del regista torinese, inoltre, si sofferma sul modo eccezionale di essere madre da parte di Maria, ovvero un genitore strapieno di amore e di fiducia in suo figlio, capace, in tal modo – nella piena libertà del suo sentire – di contribuire alla creazione di un uomo specialissimo.

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È un film sostanzialmente laico, Io sono con te, che parla di temi universali come l’amore e la conquista e l’importanza della libertà, mentre il film di Hyatt è profondamente cristiano. Storicamente, affronta un periodo breve e decisamente il meno raccontato della vita di Maria, ovvero quello che viene subito dopo la morte e la resurrezione di Gesù. Sono gli ultimi anni della vita della madre di Cristo, dedicati totalmente al sostegno della nascente e ancora fragile chiesa. Sono passati dieci anni dalla salita al cielo del Figlio di Dio e gli apostoli sono smarriti e in preda alla confusione (Pietro su tutti), non tanto perché si è appassita la loro fede nel Messia, ma per come stanno andando le cose dentro la chiesa stessa. Proprio grazie alla luce offerta loro da Maria, però, essi troveranno nuova linfa, un prezioso sostegno e comprenderanno la giusta direzione da prendere.

 

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È un film piccolo, Piena di Grazia, fatto più di parole che di grandi spazi scenografici e movimento. Ma se da una parte offre una interessante ricostruzione della chiesa delle origini, è soprattutto una utilissima riflessione su quanto sia complicato e al tempo stesso meraviglioso credere in Dio. Un film “preghiera”, lo ha definito l’autore stesso, un film in cui si sente la mano e il respiro di Dio.

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