Nelle Marche è stato riconfermato il presidente uscente Acquaroli dei FdI, partito che cresce al 27,45 % mentre crolla la Lega dal 22,38 al 7,32. La coalizione di centrodestra vince con il 52,47% mentre quella di centrosinistra con Ricci si ferma al 44,42.
Non si è verificato il testa a testa atteso. L’aiuto massiccio di Giorgia Meloni e dell’intero governo in campagna elettorale ha avuto i suoi effetti. La proposta di cambiamento dell’opposizione non ha convinto gli elettori. È cresciuta l’astensione del 10% circa. Lo scarto di 8 punti impone al “campo largo” unito una profonda riflessione.
È stata premiata la continuità di governo con grandi investimenti promessi da Meloni. Ricci ha espresso amarezza per l’inchiesta avviata a campagna elettorale avviata. Molti elettori di centrosinistra e del M5S non sono andati a votare come si sperava.
Quali considerazioni possiamo trarre da questi risultati? L’offerta politica non è ritenuta interessante dalla metà degli elettori.
Il Pd, pur impegnando Ricci, il candidato migliore a disposizione, non recupera le astensioni, non è sufficientemente attrattivo verso i delusi ed i giovani. Vince il centrodestra, compatto nel segno della continuità, in un mare di astensioni.
La coalizione di centrosinistra non è riuscita a convincere delusi e arrabbiati. Molti elettori del M5S non hanno votato Ricci, già vicesegretario del Pd ai tempi dell’antagonista Renzi nel 2014, anche a causa dell’inchiesta giudiziaria sull’ex sindaco di Pesaro.
In sintesi, vince il Governo, impegnatissimo in campagna elettorale nelle Marche; perdono Pd, M5S, AVS come coalizione, nonostante il sostegno di riformisti e liste civiche.

Francesco Acquaroli, riconfermato presidente delle Marche, nel corso della conferenza stampa in Regione dopo la vittoria elettorale, Ancona, 29 settembre 2025. ANSA / Gianluigi Basilietti
Il centrodestra non paga il prezzo del governare soprattutto una sanità in affanno ed in ritardo. Il cosiddetto “campo largo” scopre che non basta sommare i voti in assenza di leadership e progetto di governo veramente condivisi dalla base. Sul piano politico, il voto nelle Marche conferma le previsioni della vigilia con la vittoria di Acquaroli sostenuto attivamente da Meloni.
Dopo tre anni, la maggioranza tiene nonostante le difficoltà crescenti per famiglie ed imprese, la crescita di lavoro povero e dell’area della povertà, l’aumento di chi rinuncia a curarsi in sanità pubblica. Ciò è dovuto anche al fatto che non si vede una vera alternativa. Il “campo largo” prende atto che non basta una somma aritmetica per fare un vero “popolo”, per convincere gli indecisi e strappare una Regione all’avversario.
Comunque dobbiamo attendere il 23-24 novembre per fare una valutazione complessiva e attendibile, dopo le elezioni in Calabria, Toscana, Veneto, Campania e Puglia. In Valle d’ Aosta hanno vinto le forze autonomiste, che verranno probabilmente sostenute dal Pd.
Una considerazione va fatta sulla scarsa affluenza alle urne. L’astensione si sta trasformando da strumento di indifferenza in vera e propria protesta silenziosa? Vediamo sempre più due campi chiassosi, protetti da una cattiva legge elettorale a livello nazionale, incapaci di rappresentare e di appassionare. Un elettore su due non vede progetti rispondenti alle proprie esigenze. I cittadini stanno protestando rispetto a proposte politiche sempre più decise a tavolino, a Roma, sulla loro testa. Se il 50% dei cittadini non vota vuol dire che l’offerta politica è insufficiente.
I due poli hanno cercato di allargare da anni il loro bacino, ma non ci sono riusciti. Servono, forse, nuove regole elettorali meno polarizzanti e partiti moderati, di centrosinistra soprattutto, per allargare la rappresentanza dal 50 ad almeno il 60%.
Il rischio è la crisi della democrazia, sempre meno suffragata dalla volontà popolare e quindi incapace di affrontare riforme strutturali e difficili sfide internazionali. L’enorme astensione ci dice poi due cose fondamentalmente: manca un centro politico e le nuove generazioni non sono attratte da questi partiti, da questa politica.
Quali considerazioni possiamo fare in conclusione? Il Pd deve riflettere al suo interno sull’incapacità di attrarre nuovi elettori, del centro in particolare o delusi del centrodestra. FdI fagocita gli alleati. Possono crearsi fibrillazioni?
Resiste il bipolarismo ma cresce l’apatia con un elettore su due che resta a casa, nonostante la presenza massiccia di ministri e della presidente del Consiglio in campagna elettorale e dei vertici delle opposizioni finalmente unite ma mai sullo stesso palco. Le nomenclature nazionali non riescono a mobilitare l’elettorato. Gli spostamenti da uno schieramento all’altro sono minimi. All’interno ci sono travasi di consenso, ma non sconvolgimenti.
Permane un’ampia sfiducia. La destra al governo tiene dopo tre anni anche perché non si vede una alternativa credibile. Cosa farà ora l’area moderata e riformista del Pd? Probabilmente verrà chiesto un congresso a inizio 2026 per definire una linea capace di attrarre il centro moderato dell’elettorato. Non si esclude la nascita di un nuovo soggetto politico per rappresentare meglio gli elettori nel cosiddetto “campo largo”.