Magnificat

Nella prefazione al volume di Piero Coda, Magnificat, Sergio Zavoli, partendo dai suoi ricordi dell’infanzia, mette in luce il carattere meditativo del testo di Piero Coda su Maria
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(…)

Rammento che da fanciullo, nella chiesa dei Sa­lesiani a Rimini, domandai a don Rossi – un giovane sacerdote, tollerante e amabile – se avesse mai pen­sato alla nascita di Gesù come a una sorta di favola sacra, con cui lasciar dolcemente dondolare l’idea di Dio nella mente di noi bambini.

Si sedette su una panca tenendomi in piedi davanti a sé, per avere i suoi occhi nei miei, e la risposta venne quasi la do­vesse a se stesso, raccontando con quali parole, in seminario, se l’era cavata di fronte a un’impertinen­za pari alla mia, e confidandomi come non riuscisse a immaginare che si potesse aver figli se non da una madre e un padre!

Ma poi, procedendo nei suoi dubbi, e rimettendo il prodigio nei poteri di Dio, tutto via via diventava mirabilmente credibile! Ge­sù stesso, d’altronde, aveva raccontato che il Padre celeste si era rivolto a una creatura giovane e serena, capace di stupore e mitezza, e ogni cosa era accadu­ta secondo la volontà di Dio.

Ed ecco che in questo Magnificat Piero Coda si rivolge a Maria in uno stato come di sognante, tenera devozione; è, d’altronde, l’ingresso di Dio nella realtà rivelata da Gesù, ed è un’anima che s’inchina di fronte a quel segno.

In queste pagine sa di doversi misurare con gli strumenti di una fede che sarà fonte di incompara­bili stupefazioni: Gesù sulla croce, il grido al Pa­dre da cui si sente abbandonato, l’abbagliante re­surrezione, il ricomporsi di tutto nel paradigma supremo dello Spirito, santificato nelle Tre divine identità di chi visse quell’accecante testimonianza.

Dove la narrazione è rivissuta con il linguaggio di una preghiera secolare, incarnata, per dir così, in un animo che oggi, Piero, giustifica il tuo monolo­go; tanto da doverci chiedere se questo cantico non fosse già una lontana, sottesa interlocuzione con Maria.

Ma non è una semplice rammemora­zione, è il ritorno di un testo divenuto materia vi­va; che da un’acqua quasi immota torna a ruscella­re, sospinta da una voce divenuta di natura, cioè terrena e universale, chiedendo di essere riascolta­ta, tal quale, nel canto di allora, oggi finalmente concluso nella sua raggiunta sacralità.

Sergio Zavoli, Prefazione al volume Magnificat di Piero Coda (Città Nuova 2013)

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