Città Nuova è molto più attuale e preziosa oggi che 40 o 50 anni fa. Il nostro è un tempo di grandi crisi, tensioni e nuove guerre che rischiano di diventare globali. C’è un clima bellico che sta di nuovo dominando il mondo e c’è una tesi, davvero pericolosa, secondo cui siamo stati tutti romantici e ingenui a immaginare, per 80 anni, un mondo di pace in Europa. Perciò ora dobbiamo tornare a essere realisti, rimettere i piedi per terra e accettare la realtà. Quindi dobbiamo armarci, perché la guerra è la realtà. Siamo tornati allo Stato hobbesiano della “guerra di tutti contro tutti”, dimentichiamoci i romanticismi impugnando le armi. Come se quegli 80 anni di pace non fossero stati il frutto di politica, di amore civile, di istituzioni nuove, di tanto impegno e infinite risorse.
In questo tempo e davanti a questa tesi pericolosa, Città Nuova svolge un ruolo profetico e deve esserne cosciente. Deve quindi sempre più muoversi sulle tematiche che sono il suo e il nostro specifico: i dialoghi difficili, i dialoghi profetici. Dialoghi su tutti i fronti, come il carisma dell’unità di Chiara Lubich ci ha insegnato, anche dentro la Chiesa, che oggi sta vivendo anch’essa una crisi inedita. La Chiesa ha sempre vissuto crisi, fin dalla prima sul Golgota; oggi però ne sta vivendo una particolare, che ormai dura da qualche decennio.
Una crisi decisiva per il futuro, se veramente siamo entrati nel post-cristianesimo e se il cristianesimo ha ancora qualcosa da dire alle persone, se è capace di generare comunità e non soltanto ricordi di un mondo che non c’è più. Mi diceva un sacerdote in un convegno: «Se nel Medioevo avessimo tolto la parola Dio, tutto sarebbe crollato. Se oggi togliessimo la parola Dio, non crollerebbe niente, perché il mondo sembra andare avanti perfettamente senza Dio. Se togli tecnica, se togli denaro, crolla tutto. Ma se togli Dio, il sistema andrebbe avanti come se non fosse accaduto nulla». La Chiesa potrebbe invece tentare la resurrezione partendo dai suoi carismi, tra cui il carisma dell’unità, perché se è vero che un tipo di cristianesimo sta finendo, il cristianesimo potrebbe ancora risorgere.
Amo molto la profezia di Geremia, che nei suoi 40 anni di attività ha annunciato questo unico messaggio: “Una storia è finita, ma non è finita la storia”. Una storia è finita, quella del grande Regno di Davide e Salomone, quei secoli del Regno più bello del mondo mediorientale, che tutti invidiavano. Anche oggi è finita una storia, perché i nuovi babilonesi hanno già distrutto il tempio, e ci hanno deportato in esilio. Una storia è dunque finita, ma, continuava Geremia, non è finita la nostra storia, perché un resto tornerà.
Da questo punto di vista, credo che noi siamo quel resto, cioè quella parte fedele che continua la storia più umile, più semplice, più evangelica. Questo discorso potrebbe valere per tutta la Chiesa, ma in modo speciale per il Movimento dei Focolari. Una storia è finita, ed è finita il 14 marzo 2008 con la morte di Chiara e quindi della prima generazione. È finito un certo modo di vivere l’appartenenza al Movimento, un certo modo di vivere le comunità, di vivere le vocazioni, come le abbiamo conosciute per tanti anni. Ma non è finita la nostra storia, perché un resto la potrà continuare, un resto più piccolo, più umiliato e più umile, però forse più vicino al Vangelo.
Città Nuova sta pubblicando un mio libro sulle organizzazioni a movente ideale, sui movimenti e sulle comunità carismatiche, si intitola Il Serpente e l’Arca. Il titolo si rifà all’episodio biblico del re Ezechia che decise di distruggere una delle due reliquie di Mosè conservate nel tempio, il bastone di bronzo con cui gli ebrei furono salvati dai serpenti nel deserto. Ma mentre distrusse il serpente di bronzo, conservò l’Arca dell’Alleanza, anche questa costruita da Mosè, anche questa nel tempio.
Così Ezechia salvò il popolo e la sua fede. Anche noi oggi siamo in questa fase, dobbiamo decidere insieme, sapendo che possiamo sbagliare, e che in futuro faranno altre scelte. Dobbiamo chiederci: cosa tenere del passato e della sua eredità? Come conservare l’eredità dell’Arca e cosa invece dimenticare perché, sebbene parte della nostra storia, oggi non serve la vita e la promessa? Anche il bastone di rame aveva svolto una funzione buona nel passato, ma al tempo di Ezechia era diventato un idolo, e il re giusto lo distrusse, con grande coraggio e in mezzo a molte proteste – governare è de-cidere, cioè tagliare. Oggi in questa fase decisiva, da cui dipende la sopravvivenza stessa dei Focolari, Città Nuova è quindi più attuale che mai. Per Città Nuova non c’è un tempo, kairos, migliore del nostro tempo.