L’ordine mafioso e la fraternità eversiva

Resistere alle infiltrazioni del malaffare a partire dal legame sociale. Latina si prepara al 22 marzo 2014, Giornata della memoria delle vittime innocenti di mafia. Un laboratorio aperto, a cominciare dalla presentazione del libro “La legalità del noi”
Latina_Piazza del Popolo

Latina è un pezzo di pianura padana trapiantato tra Roma e Napoli. Una città senza alcun mito sulla fondazione perché, come le altre città nate sulle paludi bonificate, è stata disegnata a tavolino con una grande opera di ingegneria urbanistica e il lavoro nascosto di tanti operai e contadini. Non conosciamo il numero di coloro che persero la vita in questa grande epopea che resta un segno distintivo dell’era fascista, rimasta nel Dna di questa popolazione che, nella prima elezione successiva alla scomparsa della Dc, premiò con larghissima maggioranza il presidente degli ex combattenti della Repubblica sociale di Salò, Ajmone Finestra, eleggendolo e confermandolo più volte alla carica di sindaco.

Ci voleva un grande romanzo epico e corale come Canale Mussolini (Mondadori, 2010) di Antonio Pennacchi, premio Strega nel 2010, per cercare di esprimere la complessità di una terra che dovrebbe avere il tratto distintivo dell’ordine e della legalità. Eppure, come conferma il verbale del boss Schiavone datato 1997 e recentemente desecretato, ha fatto la sua comparsa un altro tipo di ordine, quello mafioso, che ha portato, ad esempio, all’interramento dei rifiuti tossici in zone ben conosciute dai residenti, come Borgo Montello, dove nel 1995 è stato trovato ucciso il parroco don Cesare Boschin che aveva denunciato il fenomeno e ospitato, nei locali della chiesa, il comitato locale di protesta.

Le indagini sullo strano omicidio dell’anziano sacerdote di origine veneta, eseguito con l’atroce tecnica mafiosa dell’incaprettamento, sono state riaperte solo nel 2012 dietro una significativa pressione dell’associazione Libera e l’esposizione diretta, e non sempre ben accolta, di don Luigi Ciotti. Come sempre accade, anche di fronte all’evidenza, esiste la difficoltà a riconoscere e fronteggiare l’emergere di un fenomeno che compromette la tenuta sociale di un territorio. Il caso più eclatante si è avuto, finora, con la resistenza del governo Berlusconi, nel 2008, a sciogliere per infiltrazioni mafiose il  consiglio comunale della città di Fondi, nonostante le dettagliate relazioni dell’allora prefetto di Latina, Bruno Frattasi, sulla convergenza tra alcuni vertici politici e l’insieme temibile di 'ndragheta, Cosa Nostra e clan dei Casalesi. Una realtà che trova ulteriori conferme nei numeri del secondo rapporto dell'Osservatorio Luiss su legalità ed economia nel Lazio reso noto il 4 dicembre 2013. Come ha osservato il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, «nella Capitale e nel Lazio le mafie aggrediscono in molti modi: c'è quella più violenta del Sud Pontino o di Ostia e quella più sotterranea che opera nel riciclaggio e nelle attività imprenditoriali». 

A marzo la Giornata nazionale della memoria
Non suona affatto strano, perciò, la decisione di Libera di celebrare, proprio a Latina, il prossimo 22 marzo 2014, il Giorno nazionale della memoria delle vittime innocenti di mafia. Un grande evento di partecipazione popolare che accompagna anche i più distratti verso una consapevole presa di coscienza. È in tale contesto che va letta la recente iniziativa del Movimento dei Focolari presente in città che ha promosso, a fine novembre, un dibattito pubblico a partire dalla presentazione del libro, edito da Città Nuova, “La legalità del noi”. Il testo è un viaggio dentro le tante storie di dolore e di riscatto che presentano il volto migliore di un Paese chiamato ad affrontare la più dura crisi economica e morale del dopoguerra.

Non è certo il rispetto formale di una regola, ma la tensione verso la realizzazione della giustizia sociale che permette di cogliere il senso della legalità. Questo punto fermo che don Ciotti non si stanca di ripetere, confermandolo nell’introduzione del libro di Gianni Bianco e Giuseppe Gatti, esprime il lavoro che negli anni ha compiuto Città Nuova che, già dal nome, esprime la finalità di dare voce non all’immaginazione di scenari possibili, ma alla testimonianza di coloro che dentro le contraddizioni e le piaghe della storia, cercano di costruire un pezzo di mondo unito e fraterno.

Significativi in tal senso i tanti rimandi del libro al percorso che la rivista ha compiuto negli anni con il racconto dal di dentro , grazie agli articoli di Roberto Mazzarella, delle vicende delle stragi mafiose di Palermo del 1993 fino ai più recenti episodi della cosiddetta “Terra dei fuochi” in Campania, riportati dalla rivista e dal quotidiano web. I due autori del libro, quarantenni nel pieno delle rispettive professioni, entrambe tra le più ambìte e interessanti (Gatti è magistrato antimafia, Bianco giornalista della Rai), affrontano le varie vicende all’interno di una verifica che ogni generazione è chiamata a porsi sul senso dell’esistenza e sul tentativo realistico di cambiare lo stato di cose esistente verso una società giusta.

Cosa fa la differenza
Da questa ricerca autentica, che non teme la disillusione, si coglie il rimando affatto retorico o teorico al principio di fraternità che laicamente fonda la Costituzione italiana fino al richiamo di quell’economia civile e di comunione che rompe il meccanismo dell’oppressione dell’uomo sull’uomo.  

Questo “noi”  è davvero capace di rompere il legame mafioso basato sulla potenza del denaro? È questo il tema aperto e non affatto scontato che accompagna il cammino di approfondimento avviato dal Movimento dei Focolari, a cominciare da quello avviato con alcuni interlocutori presenti sul territorio, come Rinascita civile, Libera, l’Agesci e la fondazione antiusura Wanda Vecchi. Non basta la buona volontà, perché è concretamente il “noi” che fa la differenza ed è qualcosa che non si può inventare, ma si costruisce attraverso una rete fatta di rapporti che durano nel tempo.

Come è stato detto, infatti, nell’introduzione al dibattito sul  libro “La legalità del noi”, «si può uccidere con il silenzio o con i convegni dove manca un prima, un durante ed un dopo», mentre «una comunità solidale è la vera essenza dell'antimafia perché nella solidarietà c'è un elemento che è quanto di più eversivo ci possa essere nella logica mafiosa: la gratuità»

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons