L’Onu per i migranti: luci ed ombre

Il vertice di New York ha affrontato con prospettiva mondiale l’esodo di intere popolazioni a causa di calamità e guerra. Promossa una nuova campagna contro la xenofobia. Il documento finale, però, non convince gli operatori
migranti

Oscurato dalle bombe ritrovate a Manhattan e in New Jersey e dall’arresto del suo presunto autore, il summit straordinario sulle migrazioni che si è svolto alla vigilia dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite è passato sotto silenzio, anche perché tanti capi di governo, incluso quello italiano, non vi hanno partecipato o hanno lasciato ai rispettivi ministri degli esteri di spiegare le proprie posizioni.

 

Invece l’incontro ha segnato una tappa importante nel governo del mondo perché non si è lasciata solo al Consiglio di sicurezza l’ideazione di un progetto comune sui migranti, ma sono state le organizzazioni internazionali e le associazioni a prendere la parola e a presentare le loro testimonianze. Le armi e la difesa militare non sono le uniche strategie da mettere in atto e la scelta ad esempio di inserire tra le agenzie delle Nazioni unite l’OIM (Organizzazione Internazionale per i Migranti) è un segnale di fiducia verso chi in quel campo opera con serietà da circa 65 anni.

 

«Le migrazioni sono inevitabili e potrebbero diventare positive se consolidassimo le giuste pratiche per gestirle – ha precisato William Lacy Swing, direttore dell’OIM –. Servono ad un Nord del mondo sempre più spopolato e ad un Sud dove la crescita demografica è costante». Invece con grande disappunto di Swing «i flussi migratori sono considerati un problema da risolvere mentre sono una realtà del presente, e purtroppo i migranti sono diventati lo stereotipo del criminale pur essendo in fuga proprio da terroristi criminali».

 

Il segretario generale Ban Ki-moon ha elogiato gli sforzi collettivi degli stati nell’affrontare la crisi migratoria e ha lanciato una nuova campagna contro la xenofobia per garantire rispetto, salvaguardia e dignità per tutti. Together: Respect, Safety and Dignity for Allè un monito ai governi perché si impegnino a trasformare la paura immotivata in accoglienza costruttiva.

 

Al Summit ogni stato è poi arrivato con il suo fardello di problemi come la Siria, ancora dilaniata da un conflitto senza fine: il macigno di questo appuntamento. Russia e Usa estremamente polarizzati nello loro posizioni hanno raggiunto un accordo di fronte comune contro il terrorismo e hanno stabilito una tregua violata da ambo le parti con un bombardamento delle postazioni dell’esercito siriano da parte statunitense e con bombe russe su un convoglio di aiuti umanitari Onu.

 

Ufficialmente nulla di tutto questo trapela, ma è il dottor Mahmoud Mustafa direttore dell'IDA (Independent Doctor Association) e fondatore dei White Helmets, i 2800 volontari che lavorano per estrarre dalla macerie i civili, che lo dichiara in conferenza stampa aggiungendo: «Credo non ci sia soluzione militare al conflitto, ma allo stesso tempo perché una soluzione politica funzioni è necessario che si crei una situazione in cui i poteri in gioco siano equilibrati. Oggi non è così anche per le tante risorse armate senza controllo».

 

L’Italia ha lamentato la sua solitudine nella crisi umanitaria del Mediterraneo e il ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha ribadito l’impegno del nostro Paese nella ricerca di una soluzione duratura e stabile del fenomeno migratorio e non tanto panacee temporanee. Gentiloni ha chiesto che la protezione umanitaria venga estesa anche ai cosiddetti migranti climatici, coloro che lasciano la loro terra perché non vi sono le condizioni minime per la sopravvivenza. «Investire in Africa è il futuro dell’Europa – ha ribadito – perché in questo modo si incide sulle reali cause delle migrazioni: le diseguaglianze economiche e demografiche. L’Italia continuerà ad offrire protezione a donne e bambini, i migranti più vulnerabili».

 

A conclusione del vertice si è giunti alla sottoscrizione unanime della Dichiarazione di New Yorkcon cui gli stati si impegnano ad assistere maggiormente rifugiati e migranti e a garantire il rispetto dei loro diritti. Tra i punti in agenda la prevenzione di violenze sessuali e di genere, la garanzia dell’istruzione, il supporto alle nazioni più in prima linea e soprattutto ai bambini che non hanno genitori. Anche il contributo che i migranti possono dare al territorio in cui vivono viene ampiamente ribadito e si suggerisce di individuare abitazioni stabili che ne favoriscano l’integrazione nel nuovo paese. La concretizzazione di linee guida comuni nel trattamento dei migranti e dei bambini, come anche la realizzazione di una conferenza internazionale che valuti l’impatto globale del fenomeno migratorio e ne garantisca le regole, sono stati rimandati al 2018.

 

Insoddisfazione per gli esiti del vertice sono stati espressi anche in un’intervista a Radio Vaticana dal direttore della Croce Rossa, Francesco Rocca, che ha ribadito la sua delusione anzitutto per aver rinviato al 2018 la conferenza di verifica sul lavoro legato alla dichiarazione. E poi perché in aula ci sono «tantissimi atteggiamenti ipocriti, anche da parte di alcuni governi, perché vengono, approvano queste Dichiarazioni e poi in realtà erigono muri, mettono chi chiede asilo e scappa dalle guerre in campi di detenzione nelle isole. Dilatare gli impegni nel tempo ha consentito un’approvazione comune e unanime, ma qui c’è gente disperata, c’è gente che comunque ha necessità di vedersi restituita una dignità, c’è un’umanità sofferente che ha bisogno di azioni immediate». E su questo invece il Summit non si è pronunciato.

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