L’Oggetto transizionale

Sono mamma di un bambino di quasi tre anni. Quando l’accompagno alla scuola materna, si porta sempre il suo orsacchiotto che lui chiama Tata. Lo vuole anche quando deve andare a dormire o quando piange. Le insegnanti però non sono molto propense a permettergli di portare l’orsacchiotto. Cosa dovrei fare?. Laura – Bologna Suo figlio è molto affezionato all’orsacchiotto e alla sua mamma. Come lui, migliaia di bambini hanno il loro Tata. Si tratta di un oggetto preferito scelto da loro spontaneamente dal quale ricavano sicurezza e gratificazione. Può essere un orsacchiotto, una bambola, un peluche, anche il lembo di una coperta o un qualsiasi altro oggetto soffice. In psicologia, questo oggetto viene chiamato transizionale. Il primo psicologo a parlarne è stato, negli anni Cinquanta, D.W. Winnicott. Grande studioso e osservatore appassionato, aveva notato che i bambini si attaccavano ad un oggetto speciale soprattutto nei momenti di separazione o di paura. Ad esempio durante la messa a letto o nel momento dell’inserimento all’asilo nido o alla scuola materna, o anche durante un temporale o quando erano tristi. Generalmente succede che, dopo avervi fatto ricorso, si calmano e dopo un po’ lo abbandonano. Perché succede questo? La comparsa dell’oggetto transizionale è di solito preceduta da esperienze simili che si verificano durante i primi mesi di vita, anche se hanno diverse caratteristiche relazionali. Mi riferisco ad oggetti come il succhiotto, messogli in bocca dalla madre o a parti del corpo di lei (capelli, lobi delle orecchie, ecc.), che il bambino percepisce come un qualcosa di se stesso. Essi compensano il bisogno di fusione con la mamma e la carenza tattile, utilizzando proprio il linguaggio del corpo. L’oggetto transizionale, che si presenta in una fase successiva, è segno di un positivo attaccamento alla mamma. Ha lo scopo di rappresentare il passaggio dall’iniziale stato di simbiosi con lei ad un altro di ambiente-madre. Infatti, occorre dire che il bambino quando usa la coperta o l’orsacchiotto, si rende conto che sono diversi dalla madre, ma nello stesso tempo li usa trasformandoli in lei. L’oggetto è in pratica il ponte, il passaggio tra il mondo dell’illusione e la realtà esterna. Proprio per questo motivo, assolve ad una funzione molto importante nell’accompagnare il bambino nel mondo reale. Inoltre, non ha solo un esito calmante e consolatorio per il piccolo, ma rispecchia una sua prima attività creatrice. Quindi, lasciamo che i bambini si esprimano, usando i tata che vogliono… perché sono tutti segnali di rappresentazione fantasmagorica. Non si preoccupi dunque se Francesco usa il suo Tata, anzi gli consenta di ricorrervi quando vuole. Vorrei suggerire anche alle insegnanti di lasciare che i bambini portino un oggetto da casa. Poi, possono metterlo da parte, ritrovata la tranquillità, ad esempio riponendolo in un cassetto personale, che la scuola potrebbe mettere a loro disposizione (è importante che ce ne sia uno per ogni bambino). La nostra parte come educatori è infatti quella di stimolare, incoraggiare e accogliere gli oggetti-tata. Essi, essendo sempre positivi, solari, protettivi, nei momenti di tristezza e di paura, ricorderanno ai bambini l’amore, il caldo abbraccio della mamma! acetiezio@iol.it

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