Lo sguardo di luce

I giovani, l’educazione emotiva e l’abitudine al bene.
Giovani al Computer

Tanti professori si lamentano perché a scuola i ragazzi oggi sono ipercinetici, cioè soffrono di deficit di attenzione e concentrazione. Tutti aspetti legati all’emotività. Infatti sono molto intelligenti, ma fanno fatica a gestire le emozioni. La causa è che un bambino, da zero a sei anni, riceve un’enormità di stimoli in più di quelli che abbiamo ricevuto noi, per cui è capace di collegare tante cose, basti pensare solo al virtuale; allo stesso tempo fa fatica a sostare a lungo su uno stimolo, per cui a scuola è in difficoltà. Il grande chiasso che fanno i ragazzi in classe è fame di essere ascoltati.

 

Dobbiamo ritornare all’infanzia, educare alle emozioni i bambini fin dalla materna, educarli all’ascolto, farli diventare capaci di stare da soli cinque o dieci minuti. L’apprendimento a scuola oggi è più affettivo-emotivo che cognitivo: il bambino apprende perché il professore ha un rapporto con lui.

 

D’altra parte la loro bellezza è proprio il fatto che sono capaci di mettere insieme tanti stimoli diversi. Questo è il futuro, il domani sarà globale e virtuale. Discutiamo sempre sulle difficoltà che hanno, ma ci dimentichiamo delle loro potenzialità. Il mondo del domani sarà un mondo relazionale.

 

Relazioni

 

I ragazzi di oggi sono dunque straordinari e fragili. Straordinari perché hanno la capacità di collegare molti stimoli, fare più cose contemporaneamente e intrattenere relazioni molteplici. Mediante Internet, Facebook e i siti sociali sviluppano capacità che noi grandi non abbiamo. Questa è la loro bellezza: sono in grado di tenere il mondo nella mente e nel pensiero, hanno valori globali, mondiali.

 

Per cui occorre stimolare in loro anche quei valori che paiono più “globali”, appunto: l’uguaglianza universale, la pace sociale, la bellezza mondiale. La rivoluzione francese ha gridato al mondo tre parole: libertà, uguaglianza e fraternità. Sulla libertà e sull’uguaglianza tutti ormai sono concordi, anche se purtroppo in molte parti del pianeta si fatica a concretizzarle. Sulla fraternità invece si gioca il futuro del mondo, perché non tutti sono d’accordo. Ma sarà la sfida del terzo millennio.

I nostri giovani, con le loro menti informatiche e la capacità di costruire velocemente relazioni, potranno vincere proprio questa, che è la sfida del domani.

 

Ma, come detto, sono fragili, emotivamente deboli e rischiano di soccombere sotto i troppi stimoli. Insomma la loro forza è contemporaneamente la loro debolezza. E allora, cosa fare? Occorre che gli adulti facciano come Gesù, o se vogliamo come san Giovanni Bosco. Essi, quando camminavano per la strada e vedevano le folle della Palestina o i giovani disagiati della Torino povera, non vedevano la fragilità, il negativo, ma con la loro luce coglievano il positivo, le potenzialità, e con la loro vita hanno fatto di tutto per svilupparle.

 

In alto

 

Lo vogliamo capire che nella società contemporanea occorre luce? I nostri bambini e ragazzi hanno bisogno di luce. Ma cos’è la luce?

È quello sguardo che illumina, nei loro cuori, tutte le potenzialità che hanno e li convince della bellezza che sono e del progetto d’amore a cui sono chiamati.

Allora, puntiamo in alto, facciamo volare i nostri ragazzi. Solo se daremo loro cose grandi e alte impareranno a gestire la loro incapacità emotiva. Creiamo attività, circostanze, idee, dove i giovani siano protagonisti del bene e si abituino al bene. In questo modo le fragilità si trasformeranno in opportunità. È solo con l’abitudine al bene che si vincerà!

 

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