Livia Cecconetto, volontaria della Croce Rossa, il 26 febbraio riceverà dal presidente Sergio Mattarella l’onorificenza come commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Questa la motivazione: «Per la sua lunga attività di volontariato anche a favore delle mamme e bambini migranti che arrivano nell’isola di Lampedusa».
Una notizia appresa con gioia e stupore: «Subito ho pensato che fosse uno scherzo. Poi mi sono accertata che fosse vero attraverso la Croce Rossa e me lo hanno confermato. Non sapevo più cosa dire perché è stata un’emozione così grande!», racconta.

Foto Croce Rossa
Non un lavoro retribuito, quello delle Crocerossine, ma un volontariato fatto di cuore, professionalità e tanta dedizione. Si chiamano «Sorelle», l’appellativo che volle dare loro Florence Nightingale nell’Ottocento quando, vedendo che i feriti di guerra venivano soccorsi dai medici ma non c’era personale per assisterli, pensò di istituire un corpo di infermiere a questo scopo. «Visto che i pazienti non potevano conoscere i nomi delle volontarie, Florence Nightingale disse: “quando avete bisogno di chiamarci, alzate la mano e dite: sorella” Quindi, coniò questo nome inteso proprio in un modo familiare», spiega Sorella Cecconetto.
Da Novi Ligure, dove abita, è sempre pronta a partire. Tante le missioni nelle quali ha prestato servizio: Bagdad, Nassiriya, Pakistan, Haiti, Libia, Mare Nostro, Missione Sofia. L’ultima è Lampedusa. «Ho sempre la valigia pronta, le vaccinazioni fatte, il passaporto, sono sempre pronta a partire», dice. Oggi ci parla della sua lunga esperienza.
Sorella Cecconetto, come mai ha scelto questa forma di volontariato?
Ho iniziato a far parte del corpo delle infermiere volontarie nel 1990 e ho fatto il corso insieme a mia figlia, anche lei infermiera. Poi mia figlia è venuta a mancare per un tumore raro e io ho continuato capendo anche la sofferenza degli altri, perché il dolore e la sofferenza è tanta nel mondo, e io la potevo capire e potevo aiutare chi ce l’aveva, perché i migranti sono molto sofferenti, specialmente i bambini. Ho portato avanti questo impegno dedicandomi totalmente alle persone bisognose. Lo faccio anche in nome di tutte le Sorelle, di tutte le Crocerossine che svolgono questo volontariato con molta dedizione e molta serietà.

Foto Croce Rossa
Per stare accanto a persone che hanno anche grandi vulnerabilità, ci vuole una particolare sensibilità. In che modo ci si deve accostare a queste persone, con quale atteggiamento?
Deve essere un atteggiamento molto dignitoso, non ci si deve avvicinare commiserando la persona. La dignità della persona, qualunque essa sia, deve essere al centro. Per me l’espressione più grande che puoi avere e donare è il sorriso. Questo fa capire che tu sei lì, a disposizione se la persona ha bisogno. Tu sorridi e ti approcci in un modo dignitoso e loro capiscono, percepiscono che sei lì per loro. Sempre col sorriso, sempre, anche se in cuor tuo hai dolore e dispiacere, però tu devi trasmettere, trasferire, trasparire fiducia, serenità alla persona che hai difronte. Parlo per le mie esperienze, per il mio modo di approcciarmi.
La sua e la vostra presenza di volontarie della Croce Rossa è un segno di speranza, di rispetto della dignità umana. In che modo pensa che oggi sia possibile comunicarlo a tutti?
Nel nostro volontariato, quello delle infermiere volontarie, delle Crocerossine, che, voglio precisare, sono solo italiane – Croce Rossa è Internazionale, c’è negli altri Paesi, ma le Crocerossine sono solo in Italia -, ci approcciamo lasciando fuori pensieri politici ed economici. Il nostro approccio deve essere sempre quello di infondere serenità e fiducia perché le persone si avvicinano a noi con questo intento, noi siamo quelle figure che danno una garanzia di fiducia e non dobbiamo tradirla. Il nostro corpo nasce con una genesi che mette in pratica dei principi i quali si racchiudono nel nostro motto, che è: «Ama, Conforta, Lavora, Salva».
Tra tanti incontri fatti in tutti questi anni, ce n’è uno che l’ha toccata in particolar modo?
Ho fatto tante missioni, ogni missione mi ha dato sempre qualcosa. Ricordo tanto di tutte, di ognuna. Le ricordo perché ho dentro proprio dei particolari che sono stati come un tatuaggio, che ti rimangono. La cosa che mi ha tanto rattristato è quella di vedere i bambini che muoiono di fame. L’ho visto, l’ho proprio toccato con mano. Ho avuto una sofferenza che me la sono portata a casa per tanto tempo, quando avevo il piatto davanti non riuscivo quasi a mangiare pensando ad alcuni bambini che sono andati a rovistare nella spazzatura e uno dei fratellini è morto perché è scoppiata una bomba. Sono esperienze che cerco di trasferire qui, per capire quanto noi abbiamo e quanto sprechiamo. È difficile trasferire questo, è molto difficile, io lo dico anche ai miei nipoti, è difficile però dobbiamo cercare di capire.
Bisognerebbe capire il male che fanno le guerre…
Le guerre… no, basta, mai più, mai più! Però, come facciamo noi a farlo capire se il mondo gira tutto intorno all’economia? Bisognerebbe che girasse tutto intorno all’umanità. Io sono per dividere e condividere con tutte le etnie perché abbiamo tutti da imparare, non è che uno è migliore dell’altro, no, perché ognuno ha la sua storia, ha il suo modo di vivere, di essere. Io ho imparato tanto girando, stando anche con persone con etnie molto diverse da noi. Mi hanno dato molto e quando ricevo un sorriso da un bambino, quando lo vedo che mi corre incontro, gioisco. Vuol dire che ho trasferito qualcosa, perché non parliamo la stessa lingua, ma il linguaggio dei segni, del sorriso, degli abbracci: quello è internazionale.
Come si fa ad affrontare situazioni difficili come quelle in cui si è trovata, dove si trova la forza?
Il mio carattere mi porta già a essere così, perché lo diceva anche mia mamma, che da bambina cercavo, vedevo sempre chi aveva bisogno ed ero sempre lì pronta ad aiutare. Quindi, diciamo che da un lato il carattere fa molto, ma poi anche l’esperienza di vita.
Il fatto che mia figlia è venuta a mancare mi ha fatto capire ancora di più che dolori si possono provare. Io l’ho persa per malattia, ma tanti perdono i propri cari sotto le bombe. E perché questo? Per me è difficile anche guardare il telegiornale per le cose che vedo, perché le ho vissute proprio sui territori. E questo mi fa male.
Bisogna guardare il lato umano, quello che è importante nella vita: l’umanità, la condivisione, non l’avere e il possedere. Non ti porti via niente da questo mondo, devi lasciare invece dei ricordi. Bisogna lasciare dei bei ricordi, degli insegnamenti, cercare di essere uniti, di trasferirci le nostre culture, sorridere sempre, prenderci per mano e abbracciarci.
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