L’Italia incompiuta del rugby

Niente da fare. Ancora una volta. I quarti di finale mondiali, per l’Italia, continuano a essere un tabù impossibile da sfatare.  
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Stavolta non ci siamo andati nemmeno vicini, perché nel match decisivo della prima fase l’Irlanda si è confermata nettamente superiore agli azzurri (36-6 il finale), come da quattordici anni a questa parte. Da tanto, infatti, non battiamo i verdi, ed era francamente difficile pensare di farlo adesso.

 

Prima di giungere allo scontro diretto con gli azzurri, l’Irlanda aveva vinto tutte e tre le gare del girone, compresa quella con l’Australia, una delle grandi favorite del torneo. Ecco perché quanto successo ieri mattina (in Italia) a Dunedin, città della Nuova Zelanda meridionale, non è affatto diverso dal solito. Ed è proprio questo il punto. L’Italia del rugby pare un’eterna incompiuta.

 

Certo, sovvertire le gerarchie di uno sport non è mai facile, a maggior ragione nel mondo della palla ovale, caratterizzato da poche ma solide, solidissime tradizioni. Arduo trovare un posto, anche piccolo, al sole che illumina realtà nelle quali il rugby è sport nazionale. Basti dare un’occhiata alle “magnifiche otto”, pronte a dare battaglia nella fase a eliminazione diretta del torneo. Sei fra queste, infatti, sono le stesse che quattro anni fa, nella precedente edizione dei Mondiali, passarono la fase a gironi. Stiamo parlando di Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda, Francia, Inghilterra e Argentina, con Irlanda e Galles (peraltro accoppiate nello stesso quarto di finale ) “al posto di” Scozia e Figi.

 

La Nazionale azzurra, invece, non ci è mai riuscita, nonostante abbia partecipato a tutte e sette le edizioni dei Mondiali. Ci andò vicinissimo quattro anni fa, quando a una manciata di minuti dal termine del match decisivo contro la Scozia l’italo-francese David Bortolussi fallì il calcio piazzato della storia. Stesso discorso, se così si può dire, nel Sei Nazioni: mai in grado di vincere più di due match nella medesima edizione, gli azzurri lottano quasi sempre per evitare l’ultimo posto.

 

Stavolta, però, giungere ai quarti di finale iridati era onestamente impossibile. I primi due posti della Pool C (comprendente anche Stati Uniti e Russia), infatti, non potevano non essere appannaggio di Australia e Irlanda. Quest’ultima, in particolare, rischia di rivelarsi la mina vagante del torneo. «Può arrivare fino in fondo», ha giustamente sottolineato l’ormai ex ct azzurro Nick Mallett (sarà sostituito dal francese Jacques Brunel).

 

L’Italia, invece, è nuovamente costretta a leccarsi le ferite, destinata oltretutto a un cambio generazionale al quale probabilmente non è preparata. Gli anni passano, e i vari Mauro Bergamasco, Perugini, Lo Cicero e Bortolami (per fare solo qualche nome) potrebbero non fare più parte della Nazionale che verrà. Trovare i loro sostituti, però, è dura. Resterà l’Italia un’eterna incompiuta? Speriamo di no.

 

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