L’Italia continuerà a tremare?

Ancora scosse in Emilia, avvertite anche in altre parti del Paese. Ma cosa sta succedendo al nostro territorio? Intervista a Antonio Piersanti, direttore della sezione di sismologia e tettonofisica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia
terremoto emilia

Trema ancora la emiliana e tremano anche le vite di chi abita questo territorio martoriato. Ma in questi giorni è tutta l’Italia ad essere scossa da terremoti. Più di un epicentro e diversi i gradi di magnitudo. Abbiamo intervistato il dottor Antonio Piersanti, direttore della sezione di sismologia e tettonofisica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
 
Dottor Piersanti, l'Italia continua a tremare e le nuove e inattese scosse stanno diffondendo panico nel nostro Paese. Cosa sta accadendo? Cosa dobbiamo attenderci nei prossimi giorni? 
«Sta accadendo quello che purtroppo dobbiamo imparare a considerare una possibilità costante e non eccezionale della vita quotidiana nel nostro Paese: siamo nel mezzo di una sequenza sismica caratterizzata da scosse di magnitudo massima leggermente inferiore a 6. Il motore è la compressione prodotta dallo schiacciamento della placca africana contro quella euroasiatica all’interno del complesso quadro geologico italiano. Nelle prossime ore e nei prossimi giorni sicuramente le scosse continueranno, ma non possiamo sapere quanto forti saranno, anche se molto probabilmente non supereranno la magnitudo 6. A seguire, è altrettanto certo che la sequenza sismica scemerà fino ad arrestarsi del tutto ma, anche qui, non è possibile prevedere quando ciò avverrà».
 
 
Ritiene che le attuali normative in materia di prevenzione del rischio sismico siano adeguate all’eterogeneità della geologia del nostro territorio?
«Questo non è propriamente il mio campo professionale e posso rispondere da cittadino informato. Penso che in Italia il problema dell’adeguamento normativo sia assolutamente secondario in confronto al rispetto delle norme stesse e prima ancora delle regole etiche fondamentali. In Italia vige da secoli la grande finzione di leggi che vengono continuamente aggiornate e adattate al solo fine di distrarre l’attenzione dalla vera legge, quella morale dentro di noi. In generale, affinché una casa o una qualsiasi costruzione resista a un terremoto di magnitudo 5.9 non c’è bisogno che rispetti norme sismiche astruse o particolari, deve invece essere costruita bene (a “regola d’arte” si sarebbe detto qualche anno fa). Come previsto dalla normativa, e come dimostrano i terremoti di questi giorni, particolare attenzione deve essere posta anche alle caratteristiche locali del terreno che possono contribuire ad amplificare gli effetti distruttivi di un sisma».
 
Si parla da tempo di sinergie tra geofisici e vulcanologi e tra ingegneria antisismica e dei materiali. Cosa possiamo sperare da questo lavoro congiunto?
«Come dicevo sopra, non è per una magnitudo 5.9 che bisogna incentrare l’attenzione sulle pur importantissime sinergie interdisciplinari da lei citate. Esse diventano vitali per i terremoti più forti a cui anche il nostro territorio può essere soggetto: di magnitudo 6.5 e oltre. Per questo tipo di eventi effettivamente la messa in sicurezza del patrimonio abitativo e produttivo diventa una sfida anche concettualmente difficile da vincere e per farlo occorre uno sforzo coordinato di tutta la nazione, guidato senz’altro dalle componenti scientifiche e tecnologiche del sistema. Dal momento in cui un’azione del genere fosse energicamente avviata, passerebbero comunque diversi anni, almeno cinque direi, affinché ne possiamo cominciare a vedere i reali effetti. Il fattore temporale è un elemento chiave perché vorrei ricordare a tutti che l’ultimo evento forte che abbiamo avuto in Italia è stato il terremoto dell’Irpinia del 1980, di magnitudo 6.8, che fece più di tremila morti. Non oso neanche immaginare l’impatto che avrebbe oggi un evento del genere sulla nostra struttura sociale e produttiva. Ma noi sappiamo con certezza che eventi di questo tipo si verificheranno di nuovo: è solo una questione di tempo».
 
Come esperto cosa si sente di poter consigliare o dire alla gente che abita le zone colpite e limitrofe?
«Questa è la domanda più difficile per me: noi dobbiamo senza debolezze e ambiguità mettere la popolazione del nostro Paese di fronte alla “quotidianità” del rischio sismico e anche stigmatizzarne le inadempienze (che sono certamente anche dei singoli cittadini e non solo del sistema). Ma questo va fatto in tempo di pace. Di fronte al dramma delle persone con la vita distrutta dal terremoto si può solo rimanere in silenzio, rimboccarsi le maniche e fare il proprio dovere con ancora più determinazione».

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