L’Italia che ci crede

Un festival per celebrare l'intelligenza collettiva e stimolare la creatività, vedendo nella crisi un'opportunità per mettersi in gioco
Motori. Festival dell'intelligenza collettiva

Roma, Teatro Palladium. Due giorni dedicati all’innovazione, allo sviluppo, alla conoscenza, alla cultura e alla ricerca. Il 26 e il 27 ottobre è arrivato "Motori. Festival dell’intelligenza collettiva". Alla sua terza edizione fa incontrare l’Italia di quelli che c’hanno creduto, ci credono e vogliono continuare a farlo. Medi e piccoli imprenditori, veri e propri motori dell’economia e della società italiana.

Il futuro non è più quello di una volta: la tecnologia e la società liquida da una parte, i social media e la crisi dall’altra. E le persone e le famiglie sempre più a barcamenarsi nel mondo che corre veloce e non aspetta niente e nessuno. Stessa cosa per il lavoro e l’imprenditoria. Tutto sembra risucchiato dal vortice. Ma c’è l’Italia che ci crede. E non solo. «Gli italiani hanno una genialità esclusiva che gli viene dalla cultura e se c’è qualcuno che può "inventarsi qualcosa" quelli siete voi». Così Bruce Sterling, padre con altri del cyberpunk.

E poi, "Co-working, crowdsourcing e software open source": novità per le imprese e per il lavoro. Forme connettive e collettive che diventano ogni giorno più forti e importanti. Possibili solo grazie al web, oggi, aiutano nella definizione dell’individuo e della società, passando per vari tipi di collettività, più o meno ampie. E poi, ancora: agenda digitale da costruire e persona digitale da difendere. Mente potenziata, tramite un pc, e net gener ai quali passare i nuovi spazi e le nuove comunicazioni con senso critico e responsabilità. Ciascuno non più solo come oggetto, consumatore e/o audience, ma soggetto, perché è mutata la percezione di noi stessi.

Parole d’ordine: partecipazione, collaborazione, condivisione, ma anche trasparenza e contaminazione dei saperi. La crisi si piega, prima o poi, davanti a chi non molla. Questo sembra il senso che passa dai relatori e dai numerosi presenti. I giovani imprenditori vedono il momento per quello che è etimologicamente: la crisi non può che essere un’opportunità per mettersi in gioco, per colpire duro e per primi. Per alzare lo sguardo e il tiro. Lì dove altri, di altre nazioni, non osano neanche immaginare. Quindi, spazio alle proposte, al dibattito e al confronto, quello costruttivo e propositivo. L’unico ammonimento, «rapidi», sprona Alessandro Fusacchia, del ministero dello Sviluppo Economico.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

Il voto cattolico interessa

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons