Sfoglia la rivista

Ambiente > Ambiente

L’inverdimento dell’Antartide

di Edison Barbieri

Il continente ghiacciato sta diventando sempre più verde. Una trasformazione silenziosa ma profonda di quello che è un vero e proprio laboratorio vivente. La stabilità del clima globale — e la stessa resilienza delle società umane — dipende direttamente dal mantenimento del delicato equilibrio ambientale

Pinguini di Adelia. ANSA/Sylvia Rubli-Wwf.

L’Antartide, tradizionalmente conosciuta come una delle regioni più inospitali e gelide della Terra, sta attraversando una trasformazione silenziosa ma profonda. Il bianco immacolato che ricopre il continente inizia a cedere il passo al verde. Sì, verde. Ciò che un tempo era simbolo di isolamento glaciale ora rivela segnali di un nuovo ciclo ecologico — e questo cambiamento preoccupa scienziati di tutto il mondo.

Il continente che fiorisce

Immagini recenti e analisi sul campo rivelano la crescente presenza di muschi e alghe nella Penisola Antartica, una delle regioni che si riscaldano più rapidamente del pianeta. Questi organismi stanno colonizzando aree un tempo permanentemente coperte di ghiaccio. Il fenomeno è stato denominato “inverdimento dell’Antartide”, e, lungi dall’essere una semplice curiosità botanica, rappresenta un importante indicatore del cambiamento dell’equilibrio climatico globale.

«Stiamo assistendo alla comparsa di ecosistemi che richiederebbero secoli per formarsi, sviluppandosi invece in poche decine di anni – spiega l’oceanografo Ronald B. Souza dell’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali (INPE) –. È uno dei segnali più chiari che il clima del pianeta non è più lo stesso».

Con il suolo esposto e l’aumento delle temperature medie, questo nuovo scenario apre le porte all’arrivo di specie invasive, che possono destabilizzare la già fragile biodiversità polare. Inoltre, animali come foche e pinguini, fortemente dipendenti dal ghiaccio per l’alimentazione e la riproduzione, stanno vedendo il loro habitat naturale scomparire.

L’oceano che si riscalda

Questo fenomeno è ben lontano dall’essere un evento isolato. L’Antartide occupa una posizione centrale in un ingranaggio climatico di scala planetaria che connette oceani, atmosfera e criosfera. L’Oceano Antartico, a sua volta, svolge un ruolo fondamentale come uno dei principali pozzi di assorbimento del calore e del carbonio del sistema terrestre. Si stima che circa il 90% del calore in eccesso intrappolato dai gas serra venga assorbito dagli oceani, e circa il 35% di questo totale è incorporato dalle acque che circondano il continente antartico (IPCC, 2021).

Questo riscaldamento oceanico genera la cosiddetta espansione termica, un processo fisico in cui il volume dell’acqua aumenta con la temperatura. Sebbene invisibile a occhio nudo, questa espansione ha contribuito, da sola, a circa il 50% dell’innalzamento globale del livello del mare nelle ultime decadi. Sommando questo al disgelo delle calotte glaciali antartiche e della Groenlandia, l’innalzamento medio globale del livello del mare arriva a circa 3,4 mm all’anno, secondo i dati del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico.

Ma gli impatti non si limitano all’aumento del volume oceanico. Lo scioglimento dei ghiacci antartici ha profonde implicazioni sulla stabilità della Circolazione Termoalina Globale, anche chiamata Circolazione Meridionale di Rimescolamento. Si tratta di un complesso sistema di correnti oceaniche profonde che connette gli oceani Atlantico, Indiano, Pacifico e Australe. Questo “nastro trasportatore” distribuisce calore, ossigeno e nutrienti in tutto il pianeta e sostiene la produttività biologica marina e la stabilità climatica su scala emisferica.

L’Antartide è uno dei motori principali di questo sistema. Alle alte latitudini dell’emisfero sud, le acque superficiali si raffreddano, diventano più salate (a causa della formazione di ghiaccio marino che esclude il sale) e affondano, dando origine al flusso profondo che percorre gli oceani. Tuttavia, il rapido scioglimento dei ghiacci antartici, stimato in circa 150 miliardi di tonnellate all’anno (NASA, 2023), sta rilasciando quantità massicce di acqua dolce nelle acque circostanti, riducendone la salinità e, di conseguenza, la densità.

Questa riduzione compromette la capacità dell’acqua di affondare, elemento essenziale per il mantenimento della circolazione termoalina. Simulazioni recenti pubblicate su Nature Climate Change (2023) suggeriscono che la circolazione di rimescolamento nelle acque profonde dell’Oceano Antartico potrebbe diminuire fino al 40% entro il 2050, qualora le emissioni di gas serra restassero ai livelli attuali. Un tale rallentamento potrebbe diventare irreversibile su scala temporale umana.

Immagine di una lunga spaccatura nel ghiaccio, tratta dal sito web della NASA (NASA / ANSA)

Le conseguenze di una eventuale paralisi o forte indebolimento di questo sistema sono di portata globale:

  • L’Europa e il Nord America potrebbero subire un raffreddamento improvviso in alcune regioni, nonostante il riscaldamento globale in atto;
  • Le regioni tropicali e subtropicali affronterebbero ondate di calore più intense, collasso dei sistemi agricoli e scarsità d’acqua;
  • La catena alimentare marina verrebbe gravemente colpita dalla diminuzione dell’emersione di nutrienti, compromettendo organismi dal fitoplancton fino ai grandi predatori come balene e squali;
  • La capacità dell’oceano di sequestrare carbonio atmosferico sarebbe drasticamente ridotta, amplificando l’effetto serra e accelerando ulteriormente i cambiamenti climatici.

Ciò che accade in Antartide trascende i confini della geografia polare: si tratta di una disfunzione sistemica in atto, in uno dei componenti più sensibili e fondamentali del pianeta. La stabilità del clima globale — e la stessa resilienza delle società umane — dipende direttamente dal mantenimento di questo delicato equilibrio oceanico.

Un pianeta interconnesso

L’Antartide funziona, dunque, come un termometro del sistema climatico globale. E ciò che vi accade non resta confinato all’estremo sud del pianeta. I cambiamenti in corso stanno già avendo un impatto diretto sulle popolazioni umane, soprattutto nelle regioni costiere che affrontano l’avanzata del mare. Città come New York, Venezia, Dacca e Rio de Janeiro sono tra quelle che potrebbero soffrire per inondazioni, erosione e spostamenti di popolazioni.

Tra i segnali più preoccupanti rilevati dagli scienziati vi sono:

  • La diminuzione della formazione di acque profonde fredde, che influenza la circolazione oceanica globale;
  • Il calo della produttività del fitoplancton, essenziale per la vita marina;
  • La riduzione degli habitat ghiacciati, mettendo a rischio specie emblematiche come i pinguini imperatore e le megattere.

C’è ancora tempo?

Sebbene lo scenario sia allarmante, gli esperti affermano che è ancora possibile evitare gli sviluppi peggiori. Per farlo, però, è necessario agire con rapidità e determinazione. Ciò implica:

  • Ridurre drasticamente le emissioni di gas a effetto serra;
  • Estendere la protezione delle aree marine e degli ecosistemi vulnerabili;
  • Investire nella scienza polare, nel monitoraggio climatico e nella cooperazione internazionale.

L’Antartide sta smettendo di essere “l’ultimo rifugio incontaminato del pianeta” per diventare un laboratorio vivente dei cambiamenti climatici. Il verde che emerge tra i blocchi di ghiaccio non è un simbolo di rinnovamento, ma un grido d’allarme. Il futuro del continente ghiacciato — e del pianeta nel suo insieme — dipende dalle decisioni che prenderemo oggi.

 

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876