Nasce dal successo di Lol! – chi ride è fuori, la serie comedy Sono Lillo, disponibile su Prime Video dal 5 gennaio prossimo. Nella prima edizione del fortunato game show giocato (sempre su Prime Video) da diversi comici italiani, era diventato popolare il personaggio di Posaman, il quale, inventato da Pasquale Petrolo (il Lillo dello straordinario duo Latte e i suoi derivati) non faceva altro che assumere pose fascinose da supereroe, senza esserlo minimamente: dei vari Superman, Iron Man o Capitan America, possedeva solo le mosse completamente dissociate da qualsiasi azione eroica precedente o successiva alla posizione assunta.
Era Posaman, appunto, con la sua comicità surreale e paradossale del tutto appartenente a Lillo, che in questa serie (otto episodi di mezz’ora l’uno) riprende quel divertente personaggio associandolo a una sorta di Clark Kent romano del quartiere Ostiense, un uomo più che comune, di netta, buffa e un po’ tenera insicurezza, inventore – proprio come il Lillo reale – del personaggio di Posaman che lo ha reso popolare al punto che la gente lo riconosce per strada.
Adesso, però, dopo che la moglie (interpretata da Sara Lazzaro) lo ha lasciato accusandolo di essere infantile e poco responsabile, a Lillo va stretto appoggiarsi sempre al medesimo, assillante tormentone, e Posaman gli è diventato d’improvviso insopportabile. Decide così di non adoperarlo più, per provare nuove e più mature strade espressive, tra ambizione e paura, tra puntuali delusioni e bisogno costante di consigli.
Inizia così la piccola odissea urbana del protagonista alla ricerca di sé stesso, nella quale Lillo si imbatte ripetutamente in personaggi bizzarri, piccoli mostriciattoli del nostro tempo, a loro volta tutti (chi più chi meno) comici: una cognata, interpretata da Camilla Filippi, fissata con la linea e con un senso della prestazione che la rende insopportabile; l’amico più bambino di lui interpretato da Marco Marzocca; il gestore, interpretato da Paolo Calabresi, di un locale in cui si esibiscono vari comici, che obbliga i cabarettisti ad accettare i suoi improbabili consigli artistici.
Infine l’agente dello stesso Lillo, interpretato da Pietro Sermonti, che costruisce, con la solita bravura, un cialtrone da commedia all’italiana che consegna il suo biglietto da visita a chiunque gli capiti sotto tiro (persino un bambino), ripetendo in modo compulsivo il suo nome e il suo mantra: «Sergio Locatelli, rappresento artisti». Questi ultimi due comprimari fanno pensare a Boris, e qualche assonanza qua e là con la storica serie che ironizza in modo pungente sulla televisione italiana, la si può anche trovare: del resto nel primo episodio di “Sono Lillo”, il protagonista viene ospitato in un programma televisivo intitolato Di Palo in Frasca, nel quale, come avviene in molti contenitori della nostra tv, vengono alternati in modo poco delicato e pudico, la leggerezza e il dramma, il rosa e il nero, l’allegro e il drammatico.
Ben oltre Boris, tuttavia, lo spunto di partenza – ovvero il rapporto/conflitto tra l’individuo e la creatura scenica che ha regalato popolarità ma è anche diventata fardello – lo si può rintracciare in un archetipo pesante d’oltreoceano: il fantastico e potente film Birdman di Alejandro Gonzales Inarritu, vincitore di ben 4 Oscar.
Attenzione! Stiamo parlando di due mondi lontani, ma per il cinema e la serialità italiana che hanno smesso di temere l’avventura dentro strade nuove e impervie, questo precedente hollywoodiano può essere diventato felicemente cavalcabile per costruire una storia dinamica e attraente intorno al successo che il vero Lillo (Pasquale Petrolo) ha avuto proponendo il suo gustoso Posaman in Lol!.
Di certo entrambi, sia il Lillo della serie che il protagonista di Birdman interpretato da Michael Keaton, devono combattere con la loro creatura ossessionante, che gli compare davanti in forma di ego e li ammonisce ponendo l’attenzione sui loro limiti e paure. Posaman si presenta a Lillo col suo bel vestito da supereroe nei momenti di difficoltà e non lo molla, stressandolo ma anche umanizzandolo, accompagnandolo, con questa brezza di fantascientifico, nel suo cammino dentro sé stesso e dentro un presente che sottilmente, ma nemmeno troppo, si affaccia in Sono Lillo, nutrendo il comico di sentimentale e di qualche apprezzabile nota di costume.
Nei primi tre episodi finora visionati, si fa strada una gradevole armonia, senza picchi eccezionali ma anche senza cadute o vistose sbavature, tra il comico puro e la commedia: Sono Lillo, diretta da Eros Puglielli, cammina agilmente su questo sottile equilibrio, alternando simpatiche gag (tra cui quella iniziale in cui Lillo recita il suo Posaman davanti ai camorristi) a momenti più intimi e riflessivi, dei quali fanno parte anche i conflitti familiari del protagonista.
Nella colonna del comico vanno inseriti anche i camei di Valerio Lundini, Emanuela Fanelli, Edoardo Ferrario (nei primi tre episodi) e di altri importanti comici italiani che si esibiranno in quelli a venire. Ma non sono loro l’unico motivo per cui vale la pena proseguire nella visione di Sono Lillo. C’è anche da capire come evolverà l’allegro/malinconico viaggio di formazione del protagonista, al quale non si può che augurare buon cammino
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