Leopardi calca le scene

Mario Martone propone a mo' di commedia Le operette morali. Risultato: una rappresentazione attualissima dei desideri e delle contraddizioni del nostro tempo
Operette morali
Non si possono definire teatrali in senso classico, Le operette morali portate in scena da Mario Martone al teatro Argentina di Roma. Ma tutta la rappresentazione è stata pensata come una commedia, in una lingua e con una struttura così vive e moderne da far saltare i riferimenti drammaturgici del secolo in cui sono state  scritte per approdare direttamente al teatro del Novecento.

 

Le Operette morali di Giacomo Leopardi sono una raccolta di ventiquattro componimenti in prosa, dialoghi e novelle, che il poeta scrisse tra il 1824 ed il 1832. In essi vi si può trovare la sua anima più profonda: il rapporto dell’uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la Natura;c’è poi il raffronto tra i valori del passato e la situazione statica e decaduta del presente; la potenza delle illusioni e della gloria. I temi affrontati sono fondamentali: la ricerca della felicità e il peso dell’infelicità, la natura matrigna, la vita che è dolore, noia. In questo panorama di atmosfere astratte e glaciali la ragione si distingue come unico strumento per sfuggire alla disperazione.

 

Le Operette rappresentano una perfetta orchestrazione di toni sulla vita e sulla morte: nella visione leopardiana, l’uomo si muove all’interno di una natura cieca, dalla quale non può ottenere nulla. Sprezzante verso l’idea di progresso, scientifico e spirituale, il poeta irride le conquiste dell’umanità come pure finzioni, chimere di un progresso senza costrutto. Cosa rimane dunque all’uomo? Se l’è chiesto il regista Mario Martone, quando gli è venuta l’idea di mettere in scena le Operette morali. Il serrato confronto con la cultura e con la storia d’Italia del XIX secolo che ha visto impegnato il regista negli ultimi anni di lavoro in campo cinematografico sono stati trasferiti a teatro.

 

A monte sta l’urgenza, artistica e civile, di riandare alle origini della scrittura teatrale nazionale per interrogarsi sui suoi potenziali e i suoi limiti: da Alfieri a Manzoni, appunto a Leopardi. In questo contesto le Operette morali offrono spunti di straordinaria efficacia e forza espressiva. L’idea di scrivere dei “dialoghetti satirici alla maniera di Luciano” nasce nel giovane Leopardi dal problema insoluto con la ‘drammatica’, ovvero con la scrittura teatrale tradizionalmente: “Ne’ miei dialoghi, io cercherò di portare la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia cioè i vizi dei grandi, i principî fondamentali della calamità e della miseria umana, gli assurdi della politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale e alla filosofia, l’andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le disgrazie, le rivoluzioni e le condizioni del mondo, i vizi e le infamie…”, scriveva il poeta.

 

La forma dialogica consente inoltre a Leopardi una vertiginosa frammentazione dei punti di vista, e in quasi tutti i personaggi, che si susseguono sulla scena, ideata da Martone come in un arsenale delle apparizioni, si riflette il suo versatile e molteplice ingegno, la potenza creativa delle contraddizioni che animano il suo pensiero e danno corpo alla sua folgorante ironia.

 

OPERETTE MORALI,di Giacomo Leopardi, adattamento e regia Mario Martone. Produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino. Al teatro Argentina di Roma, dal 3 al 15 maggio

 

 

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