Come informa il sito La legge per tutti «il referendum che vuole rendere la cannabis legale ha superato in una settimana il quorum di 500mila necessario per passare alle fasi successive del complesso iter per arrivare al voto». Un percorso facilitato dalla recente possibilità di sottoscrivere la proposta online, autenticandosi con lo Spid e apponendo la firma digitale invece di ricorrere alla raccolta manuale davanti a notaio o funzionario pubblico autorizzato.
Le tesi a sostegno della legalizzazione delle cosiddette droghe leggere vede un consenso trasversale che fa perno sull’azione delle varie componenti del mondo dei radicali.
I radicali italiani, infatti, pur attraendo elettoralmente consensi molti ridotti, hanno da sempre esercitato una notevole influenza, anche trasversalmente, sulle tendenze politiche prevalenti. Celebre in tal senso l’analisi del filosofo Augusto Del Noce nel descrivere la lenta ma inesorabile trasformazione del Partito comunista più forte dell’Occidente nel partito radicale di massa, prima ancora di ogni passaggio verso l’esito attuale del Partito democratico e delle formazioni minori della sinistra che assumono, comunque, alcuni punti fermi in campo bioetico con i radicali che esprimono una visione laicamente determinata in senso libertaria e liberista.
Un’analisi globale che merita ancora di essere compiuta se si vuole cogliere un tratto non marginale della nostra società che già nel 2016 ha promosso una iniziativa di legge popolare a favore della legalizzazione, produzione, consumo e commercio della cannabis e suoi derivati.
La proposta di legge, oltre ai radicali e all’ Associazione Luca Coscioni, ha visto in prima linea la Coalizione Italiana per le Libertà Civili e Democratiche, il Forum Droghe, l’associazione Antigone e l’associazione “PianTiamo”, Società della Ragione, Possibile, Federazione dei Giovani Socialisti, vari gruppi di Giovani Democratici e circoli ARCI, decine di grow shop/canapai italiani, consiglieri comunali di Sinistra Italiana, Movimento 5 Stelle e liste civiche.
Secondo l’esponente dei Radicali italiani, Riccardo Magi, «i danni sociali, economici e giudiziari del proibizionismo sono sotto gli occhi di tutti. Le droghe illegali sono diventate il terzo business più redditizio al mondo, dopo il cibo e l’energia, interamente controllato da organizzazioni criminali. È provato infatti che anche il terrorismo si finanzia con i proventi del narcotraffico. Serve un cambio di passo radicale nelle politiche sulle droghe e la scelta antiproibizionista è l’unica ragionevole, fondata su basi scientifiche e riscuote il consenso dell’opinione pubblica. Secondo i dati della Direzione nazionale antimafia, un europeo su 4 ha fatto uso di droghe. Con questa legge di iniziativa popolare chiediamo ai consumatori di cannabis di fare ‘coming out’ e mobilitarsi, ma lo chiediamo anche a tutti i cittadini italiani perché arrivi un segnale chiaro e forte al legislatore».
A favore della proposta si sono schierati molti personaggi noti, con in testa lo scrittore Roberto Saviano secondo il quale «Il proibizionismo ha fallito su tutti i fronti e questo i cittadini italiani lo hanno compreso. Magistrati e sindacati di polizia, ovvero i maggiori esperti nel contrasto alle organizzazioni criminali, affermano che la legalizzazione delle droghe leggere è un passo fondamentale per minare il potere economico delle mafie, potere che in Italia è fortissimo. Insomma, legalizzare le droghe leggere è l’arma principale contro le mafie. Proprio chi detesta ogni tipo di droga e dipendenza deve firmare per la cannabis legale».
Per cercare di capire l’attrazione delle tesi sulla legalizzazione della cannabis incentrata sul rifiuto del cosiddetto “protezionismo”, Città Nuova ha sentito a suo tempo il parere dell’economista Marcello Esposito che offre una riflessione ora ancora più attuale.
La proposta di legalizzazione, che potrebbe trovare adesso un canale diretto con il referendum abrogativo, è descritta nel sito curato dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica: https://www.legalizziamo.it
Ecco l’intervista all’economista Marcello Esposito realizzata da Claudia Di Lorenzi
La proposta di legalizzazione dell’uso di Cannabis è una vera legalizzazione o ci ritroviamo davanti ad una liberalizzazione incentivante?
Il confine è labile, bisogna capire se nelle pieghe della proposta dalla legalizzazione si sfocia nella liberalizzazione, e poi capire cosa si legalizza: l’uso terapeutico di fatto è già consentito, a patto che sia provata anche per la cannabis – sotto forma di medicinale – l’utilità terapeutica. Sostanze ben più pericolose vengono utilizzate a scopo terapeutico, come la morfina, ma perché si è provata la loro utilità. Sulla cannabis bisogna distinguere: se si vuole usarla per scopi terapeutici si deve capire in che maniera, se per scopi ricreativi – come vuole il ddl – il confine dipende dalle regole che ci si dà. Ad esempio, nel disegno non si parla delle distanze minime dai luoghi sensibili o della tipologia degli esercizi commerciali, aspetti che bisognerebbe precisare.
Ritiene che siano realizzabili gli obiettivi che il testo di legge si propone? E cioè introiti fiscali, risparmio sui costi della repressione e protezione dei consumatori
I tre obiettivi non si possono conseguire contemporaneamente. Poiché parliamo di una sostanza pericolosa se assunta in dosi eccessive dobbiamo decidere a quale dei tre rinunciare. Un esempio: per ottenere gli introiti fiscali di cui parla il ddl devo caricare un’aliquota pari a quella del tabacco, il 75% sul prezzo di vendita, ma questo significa che devo fare un forte contrasto al mercato illegale dove la cannabis è venduta ad un costo molto più basso. Ipotizziamo 10 euro al grammo contro 40 del mercato legale: un adulto che ne fa uso sporadico può rivolgersi all’esercizio legale, un tossicodipendente o un minorenne la prende dove costa meno. Quindi se voglio spiazzare il mercato illegale non posso caricare imposte elevate, oppure le metto alte ma devo rafforzare l’azione di repressione. Inoltre ridurre il contrasto determina l’abbassamento ulteriore del prezzo sul mercato illegale, che oggi comprende anche il rischio di essere arrestati.
Per salvare i due obiettivi bisogna allora rinunciare al terzo, la protezione dei consumatori?
È la strada intrapresa per l’azzardo, la legalizzazione: consento la vendita nelle tabaccherie applicando un’aliquota alta e a un prezzo non competitivo con il mercato illegale, ma invece che aumentare il contrasto punto ad aumentare la platea dei consumatori a persone che non ne hanno mai fatto uso, e che ora la trovano più facilmente: i clienti che perdo fra i tossicodipendenti li recupero con nuovi consumatori. Però siccome si parla di una sostanza non innocua, poi dovrò fronteggiare un rischio di salute aumentato con ulteriori costi sanitari, come è successo con l’azzardo e come si legge in diversi studi in Australia e Stati Uniti, dove con la legalizzazione aumenta la platea dei consumatori.
Non è chiara ancora l’efficacia a fini terapeutici?
Non si capisce perché si voglia aprire senza aver fatto riflessioni approfondite o senza passare per una sperimentazione terapeutica. Anche perché si potrebbe decidere di fare studi clinici e verificare l’efficacia. In questa fase scherzare con la salute delle persone e con la struttura sociale per una questione ideologica non mi sembra ragionevole.
Legalizzare aiuterebbe a favorire il controllo sulla qualità della cannabis?
Siamo sicuri che legalizzando non mettiamo in commercio versioni più pericolose e dannose? Quando comincia ad entrare l’industria e i tecnici “seri” che non si sporcherebbero le mani con l’attività illegale, allora si fa il salto di qualità e si cominciano ad usare ad esempio tecniche genetiche di selezione dei semi per ottenere una maggiore potenza. Si sa dove si inizia ma non dove si va a finire. Serve riflettere attentamente e non proporre agli elettori l’idea di chissà quali introiti fiscali, perché il rischio è che aumentino i consumatori e i costi sanitari, senza garanzie che questo metta fuori gioco le mafie.