L’ecumenismo è ancora vivo?

Una giornata di riflessione e dialogo sull'unità dei cristiani con la presidente dei Focolari Maria Voce e rappresentanti di varie chiese. Anticipiamo stralci dell'articolo di Città Nuova rivista
Emmaus

Dalla Chiesa riformata e dalle Chiese libere, metodisti e cattolici, personalità del mondo ecumenico, pastori e pastoresse, parroci, assistenti pastorali, membri di diversi movimenti da tutte le regioni linguistiche della Svizzera. 250 persone in tutto affollano la sala dell’hotel Kreuz a Berna dove si svolge un simposio ecumenico organizzato dal Movimento dei focolari. La presenza di una ventina di giornalisti di importanti testate nazionali dice l’interesse per questo appuntamento dal titolo: “Ecumenismo: dove sta andando?”.

Al tavolo dei relatori tre ospiti di riguardo: un cardinale cattolico, una laica, un pastore riformato. Da Roma sono venuti infatti il card. Koch, svizzero, ora presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, e la presidente del Movimento dei focolari, Maria Voce; a fare gli onori di casa, Gottfried Locher, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera (Fces). Indagano con la loro analisi vari aspetti dell’impegno ecumenico con approcci diversi, ma con una convinzione comune forte: il cammino ecumenico è irreversibile e irrinunciabile, nonostante i segnali di stanchezza che a volte lo caratterizzano, facendolo apparire talora una missione impossibile. «Finché lotteremo per l’unità – afferma la futura presidente della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Svizzera (Clcc), Rita Famos – siamo sulla via giusta: vuol dire che non abbiamo deposto le armi. Oggi vogliamo stimolare il dialogo fra chi spera sognando con chi lotta per l’unità».
 
Non sono pochi i protagonisti di questo percorso che vive ora momenti di entusiasmo, ora fasi di stallo. Fra questi i papi, come ricorda il card. Koch citando ad esempio la passione ecumenica che ha portato Giovanni XXIII a istituire nel 1960 il Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani – l’attuale Pontificio consiglio da lui presieduto –; che ha visto Paolo VI molto vicino al mondo dell’ortodossia di Costantinopoli con la cancellazione, tra l’altro, degli anatemi reciproci che hanno «espulso il veleno della scomunica» dopo 900 anni, e lo hanno portato ad incontrare il primate anglicano Ramsey; e poi Giovanni Paolo II coi suoi tanti gesti concreti per l’ecumenismo; fino a Benedetto XVI, che nel suo primo messaggio dopo l’elezione ha affermato di voler lavorare con tutte le forze per l’unità dei cristiani.

Non solo l’ecumenismo promosso dai responsabili delle Chiese, né solo quello portato avanti dai teologi; c’è, ed è vitale, un ecumenismo della base, un ecumenismo della vita, un ecumenismo di popolo. Ed è quello di cui parla Maria Voce che racconta – citando esperienze concrete di uomini e donne di ogni età e di diversi Paesi – quanto l’accento posto sulla vita della Parola, la fede nella promessa di Gesù di essere presente «dove due o più sono uniti nel suo nome», l’amore a Gesù crocifisso e abbandonato simbolo di ogni disunità, punti forti della spiritualità dei Focolari, si siano rivelati attraverso la vita anche “ecumenici”, quanto abbiano aperto cioè campi di dialogo fra cristiani di diverse Chiese (attualmente 350) che ritrovano, ora in un punto ora nell’altro, aspetti fondamentali del loro credo. Un «ecumenismo dal basso che non si oppone a quello dall’alto. È un tipo di dialogo che può servire come humus, sul quale gli altri possono fiorire e svilupparsi», sostiene la presidente dei Focolari.
 
Una società sempre più secolarizzata come l’attuale esige la testimonianza e l’impegno di cristiani uniti. Anche questa è convinzione comune.
 

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