Si può oggi parlare, a teatro, di fede e ragione, di spiritualità, di etica, senza la retorica confessionale, o l’ovvietà spettacolare, e porre riflessioni profonde con leggerezza e acutezza attraverso testi capaci di parlare all’uomo contemporaneo, credente o meno? Incendio, del drammaturgo Gianluca Bonzani, e la regia di Jacopo Trebbi, dimostrano di sì. È una storia semplice, di ordinaria quotidianità, lineare e densa, quella che ruota attorno ad una piccola comunità di montagna e ad un nucleo famigliare, il cui equilibrio, alla vigilia della locale Festa del Falò per la quale fervevano i preparativi, viene sconvolto dallo scoppio di un incendio nella chiesa del paese, al cui interno è collocato un affresco appena restaurato raffigurante un Corpus Domini.

Foto di Luigi Di Modica
Cinque i personaggi della storia: un padre ambizioso e tormentato; una madre di profonda fede, però messa alla prova nel momento in cui scopre di avere una grave malattia, e dover affrontare le conseguenze con i suoi cari; il loro figlio Tommaso, giovane studente in cerca della sua strada e in conflitto con i genitori; il colto e mite Virgilio, e don Libero, energico e risoluto parroco di un paese vicino. Le loro vite diventano il motore di incontri e scontri che riveleranno storie personali e un intrecciarsi di relazioni legate da un filo rosso: alcuni motivi e temi esistenziali che attingono al pensiero teologico e filosofico di san Tommaso D’Aquino.

Foto di Luigi Di Modica
Lo spettacolo nasce su commissione del Circolo Culturale San Tommaso D’Aquino APS in collaborazione con ERT Emilia Romagna Teatro / Teatro Nazionale in occasione dell’800° anniversario della nascita di San Tommaso D’Aquino, affidandone la realizzazione all’attore bolognese Trebbi che firma così la sua prima regia. L’inizio della messinscena è con un suggestivo tableaux vivant che prende vita dagli stessi interpreti, ammantandosi di semplici costumi per comporre l’affresco del Corpus Domini di un artista sconosciuto che nella chiesa di quel paesino ha lasciato la sua traccia. Cambio veloce, ed eccoli in abiti d’oggi dare avvio alla trama della pièce delineata man mano dai dialoghi che, spostando la linea temporale avanti e indietro, definiscono le singole identità, stagliano i loro caratteri, i rapporti sempre più stretti, e gli eventi che li coinvolgeranno. Il loro discorrere si nutre di gesta simboliche e di frasi dense di concetti attinti dal pensiero di Tommaso D’Aquino, che la sapiente drammaturgia e regia spalmano, con coerenza di scrittura e di mano, lungo tutta la narrazione. Ritornano più volte immagini verbali su definizioni come quella fatta dalla madre che, parlando al figlio, riporta una definizione sul frate domenicano descritto più che un filosofo un cartografo: «Disegnava mappe di pensiero, non per dimostrare certezze, ma per tracciare sentieri». «Verso dove?», chiede il figlio. «Verso la Verità. Ciò per cui siamo fatti», gli risponde. Quella della ricerca della verità – «Non sei solo a cercare la Verità, anche la Verità sta cercando te», citando ancora san Tommaso, o «L’amore è fame di vero bene» – si incastona dentro altri temi che muovono l’essere umano: cosa sia l’amore, la giustizia, la libertà. E perle di sapienza nutrono altri momenti dei dialoghi dove trovano posto citazioni di Dante o una poesia di Clemente Rebora.

Foto di Luigi Di Modica
Quello del giovane, coi suoi dilemmi di fede, diventa un percorso di formazione che parte dal momento di studente confuso e demotivato – esprime il suo stato d’animo cantando sommessamente con la chitarra, Pezzi di vetro di Francesco De Gregori –, a quello nel quale poi la vita gli riserva mettendogli davanti questioni dolorose che alzano la posta in gioco delle sue scelte future. Incendio vuole rappresentare, in sintesi, allegoricamente, che fede e ragione, secondo il pensiero di san Tommaso, non sono in antitesi ma complementari l’uno all’altra. Il finale dello spettacolo, culminante in un atto di riconciliazione e speranza, è suggellato da una festa e dalla condivisione di una cesta di pani. In scena, ai bravi attori Donatella Allegro, Leonardo Bianconi, Andrea Palma e lo stesso Jacopo Trebbi, bastano delle semplici panche, un tavolo, una chitarra, dei nastri, delle luminarie, a costruire un piccolo realistico mondo comunitario e solidale, e farci sentire parte di esso, complice l’intimo spazio del Teatro delle Moline di Bologna dove lo spettacolo ha debuttato.