Le indagini e il diritto di cronaca

Non può essere il salotto dei media a celebrare i processi. Un avvocato ci esprime le sue perplessità.
Giornalista con videocamera

E’ ovvio che qualunque fatto di cronaca nera sia una notizia appetitosa per gli addetti all’informazione. Se poi al fatto si aggiungono contorni scabrosi e misteriosi, se le smentite fanno seguito alle dichiarazioni, allora è sembra davvero indispensabile – per alcuni – stazionare su quel fatto e non mollarlo più.

 

Occorre invece avere ben presente che le indagini giornalistiche in materia di cronaca nera non sono la migliore compagnia per quanti devono portare avanti le indagini. Gli interrogatori, i sopralluoghi, le perizie, i riscontri, richiedono tempi lunghi, riflessioni, valutazioni approfondite. Non è detto che si arrivi in ogni caso all’accertamento indiscusso della verità, ma si dovrebbe fare di tutto affinchè quanti ruotano, a diverso titolo, intorno ad un ‘fattaccio’ possano muoversi con una certa libertà senza avere sempre un microfono ed una telecamera pronti a registrare ogni respiro.

 

Non mancheranno poi, a tempo opportuno, i programmi televisivi in grado di informarci anche delle vicende processuali, a cominciare dallo storico Un giorno in Pretura di Rai Tre, che di recente ha riproposto, per fare un esempio, il raccapricciante processo per la strage di Erba. A distanza di anni dai programmi – salotto che celebravano il processo prima ancora che ci fossero gli imputati, abbiamo potuto vedere una seria ricostruzione di quei fatti, surrogata dagli opportuni riscontri probatori. I processi infatti si svolgono nelle aule dei tribunali e in presenza delle parti, di certo non nelle piazze o nei salotti.

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