«Un capolavoro stravagante e bizzarro», così lo definisce il musicologo Luigi Bellingardi. L’opera del musicista ungherese, scomparso tre anni fa, diretta da un preciso e attento Zoltàn Peskò, ha convinto metà del pubblico, disabituato all’allestimento onirico-grottesco …
Contenuto riservato agli abbonati di “Città Nuova”
Se sei abbonato, effettua il login