«Dove vai se il poliziesco non ce l’hai?», potrebbe essere la battuta con cui la serialità italiana, anche quella più popolare, risponde a chi le fa notare come questo genere − che poi si dirama nel giallo, nel mistery, nel thriller, nel crime fino al noir − sia sempre più presente, più o meno velatamente, in quasi tutte le narrazioni televisive nostrane. In chiaro e non solo.
Prendiamone alcune recenti, per altro tutte dominate da protagoniste femminili: Blanca (Rai1), Sara – La donna nell’ombra (Netflix), Petra (Sky), Balene (Rai1) e La ricetta della felicità (sempre Rai1). Alcune delle protagoniste indagano per professione: Blanca (con la sua terza stagione in onda in queste settimane), Petra (partita l’8 ottobre con tre lunghi episodi) e Sara (molto coinvolgente e rilasciata quest’estate senza troppa promozione).

“Sara – La donna nell’ombra”. Teresa Saponangelo nei panni di Sara insieme a Flavio Furno nei panni di Pardo. Ph. Alessio Cupelli.
La prima è interpretata magistralmente da Maria Chiara Giannetta. La seconda, anche qui con grande merito, da Paola Cortellesi. La terza, in maniera altrettanto notevole, da Teresa Saponangelo, che veste i panni di un agente (o ex) dei servizi italiani, in un thriller politico (e un po’ anche storico) tutto ambientato a Napoli.

Maria Chiara Giannetta nei panni di Blanca. Ph. Virginia Bettoja.

Il cast di Petra 3 al photocall ufficiale Sky. Credit: Sky.
Fino a qui poco da dire, se non che i personaggi femminili, anche quando si tratta di indossare i panni dei detective, ormai non hanno nulla da invidiare agli omologhi maschili: ai vari Montalbano, Ricciardi, Lamanna − per citarne solo alcuni −, a breve affiancati dall’avvocato Guerrieri tratto da Gianrico Carofiglio, interpretato da Alessandro Gassman e presentato (primi due episodi) alla Festa del cinema di Roma.
La curiosità, però, è che anche in serie come Balene, con le brave Carla Signoris e Veronica Pivetti nei panni di due fantastiche amiche sessantenni, oppure in La ricetta della felicità, che racconta la storia di due famiglie inciampate capaci di formarne una terza, nonché di due donne che diventano amiche (Cristiana Capotondi e Lucia Mascino), spunta fuori in qualche modo l’indagine, il mistero, il caso da risolvere. Come se non si potesse raccontare senza questo propulsore di energia. Come se fosse questo il carburante fondamentale, ormai, per far camminare una storia.

Capotondi e Mascino ne “La ricerca della felicità”. Ph. Agnese Garrone.
Ebbene, anche le amiche di Balene indagano: per capire se la loro amica Adriana sia stata uccisa invece che essere vittima di un incidente. La stessa Capotondi di La ricetta della felicità cerca prove e riscontri per capire cosa sia davvero accaduto al marito, accusato di gravi reati e dunque latitante.
Donne e indagini, potremmo dire, già dai tempi di Lolita Lobosco, per non parlare di Imma Tataranni, fino a Mina Settembre, che di professione fa l’assistente sociale, ma pure lei si trova facilmente ad osservare storie complicate per sciogliere nodi e arrivare a soluzioni.
Come interpretare questa crescente consuetudine? Forse come un’abitudine, se non necessità, ad avere – almeno sullo schermo – un contatto col crime, con l’oscuro, con un doppio fondo rispetto a quello che solitamente viviamo nel quotidiano? Sarà mica che tanta violenza offerta ci ha fatto diventare dipendenti da questa?
Non basta più il racconto di problemi comuni, personali, sociali, familiari. Che comunque rimangono, in modo più o meno interessante, nelle sfumature, nelle anse, nei sottotesti dei racconti. Il contenitore del genere sembra ormai una imprescindibile costante.
Attenzione, però, perché il punto non è solo questo. Il fatto è che dentro la mescolanza di quotidiano e torbido straordinario, tra commedia e giallo, crime, poliziesco; tra figli, amori, e misteri spesso da svelare, le serie tv, ben comprese quelle più popolari e in chiaro, piazzano là tematiche per nulla leggere, al centro del dibattito culturale del nostro tempo. Le infilano con discrezione nelle trame, rendendo di fatto più stratificate di quanto possa sembrare a un primo sguardo, le serie che sembrano solo intrattenimento, svago magari dopo una giornata faticosa.
Il consiglio è sempre lo stesso: apprezzare le capacità narrative, godersi il coinvolgimento e le emozioni, mantenendo sempre uno sguardo critico, acceso, su quello che vediamo.