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Le conseguenze del ciclone Ditwah in Sri Lanka

di Ravindra Chheda

- Fonte: Città Nuova

Alla fine di novembre, lo Sri Lanka è stato devastato dal ciclone Ditwah, ma, come sempre accade con questa piccola isola all’estremo sud del sub-continente indiano, nulla o quasi si è saputo in Europa. Lo Sri Lanka non fa notizia se non per le agenzie turistiche e i siti online che vendono pacchetti per vacanze sulle sue spiagge da sogno.

Alluvione in Sri Lanka dicembre 2025. EPA/CHAMILA KARUNARATHNE

Ditwah è stato un ciclone tropicale non di particolare intensità, ma i suoi effetti sono stati catastrofici. Ha colpito sia lo Sri Lanka che l’India meridionale tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2025. È stata la quattordicesima depressione tropicale e quarta tempesta ciclonica dell’anno a colpire la zona dell’Oceano indiano, che, sebbene raramente teatro di tifoni, deve fare spesso i conti con depressioni che portano alla formazione di cicloni con piogge torrenziali.

La maggior parte dell’impatto di Ditwah si è concentrata in Sri Lanka, dove, secondo quanto riferito dal Centro di gestione delle catastrofi (Dmc) del governo di Colombo, il bilancio ufficiale delle vittime è superiore a seicento, con più di duecento dispersi. Le piogge si sono concentrate su una zona densamente popolata e si calcola che più di due milioni di persone siano state colpite dalla tragedia. Circa quattromila case sono state completamente distrutte e quasi settantamila danneggiate in modo serio.

Ancora più grave, per le conseguenze che porterà a livello nazionale, è la superficie allagata, 1,1 milioni di ettari, che significa quasi il 20% del territorio dell’isola. Ditwah è stato definito come «uno dei peggiori disastri da alluvione che hanno colpito lo Sri Lanka negli ultimi decenni». Infatti, le piogge torrenziali accompagnate da venti molto forti hanno investito regioni già immerse nei problemi dovuti alla peggiore crisi economica dell’era post-indipendenza. Inoltre, 143 chilometri della costa dello Sri Lanka risultano inquinati a seguito delle gravi inondazioni e anche le risaie sono state devastate. Dunque, una emergenza nazionale assoluta.

Gli esperti affermano che le perdite economiche si dovrebbero aggirare attorno al 3-5% del Prodotto Interno Lordo (Pil) del Paese, con ripercussioni drammatiche sulla ripresa post-crisi. Il governo ha stimato perdite dirette tra i sei e i sette miliardi di dollari. Questi disastri metereologici che si ripetono con regolarità sull’isola del sub-continente non fanno altro che mettere l’accento sulle debolezze infrastrutturali dello Sri Lanka, unitamente alle lacune nella preparazione ai disastri e le persistenti disuguaglianze sociali.

A circa due settimane dalla furia distruttrice, molte aree sono ancora allagate e il Paese deve ora affrontare il problema di grandi quantità di cibo avariato – soprattutto riso e carne – immessi sui mercati, e di capi di bestiame morti durante il disastro. Si tratta di una situazione che rischia di degenerare in epidemie, in quanto le carcasse degli animali giacciono ancora sotto l’acqua o, comunque, non sono state recuperate e una grande quantità di riso – già inumidito dall’acqua – è ugualmente finito sul mercato.

Secondo gli esperti in Scienze Agrarie «poiché il 20% delle risaie è stato distrutto dalle inondazioni, inizialmente sarà necessario pulire i campi prima della coltivazione. Questo potrebbe richiedere circa due settimane per rimuovere sabbia e limo». A fronte del dramma nei settori agricolo e dell’allevamento, quello industriale, che resta molto debole nel Paese asiatico, ha registrato più di quattrocento fabbriche colpite gravemente dal ciclone con conseguenze deleterie non solo sulla produzione, ma anche nel campo dell’esportazione.

La zona in cui i centri produttivi sono stati gravemente danneggiati è molto vasta e comprende distretti importanti come Gampaha, Colombo, Puttalam, Trincomalee, Kegalle, Kurunegala, Matara, Kandy e Batticaloa. Purtroppo, anche il turismo ha sofferto molto dall’impatto con Ditwah. Infatti, fra i distretti più colpiti ci sono anche Galle, Matara e Hambantota, nella provincia meridionale, dove si trovano alcune delle spiagge più belle dell’isola. Nemmeno la produzione del tè è uscita indenne dalla tragedia climatica. Potrebbero volerci mesi prima che torni alla normalità. Soprattutto, sono stati distrutti o danneggiati macchinari per l’essiccazione delle foglie. Questo significa che dovranno essere inviati all’estero per la loro riparazione.

Infine, i danni fra le strade che collegano le varie zone dell’isola potrebbero influire sul flusso delle esportazioni. Il ministero ha stanziato 3 miliardi di rupie in sussidi (oltre 8 milioni di euro) a fondo perduto per sostenere la ricostruzione di queste industrie, con misure urgenti per sbloccare i fondi. Molti industriali hanno chiesto interventi per il ripristino delle infrastrutture idriche, elettriche e stradali, per facilitare una ripresa più rapida. Il Paese che fatica ancora a riprendersi, dopo più di venticinque anni di guerra civile e i danni materiali e psicologici dello tsunami del 2004, sta affrontando una nuova emergenza con risorse interne assai approssimative. Si è trattato del disastro più drammatico dopo lo tsunami dell’Oceano Indiano del 2004.

«Celebrate il prossimo Natale con “compassione e moderazione”, mentre il Paese continua a fare i conti con le conseguenze di una delle peggiori catastrofi naturali della storia recente». Questo l’invito esteso a tutti i cattolici dal cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo. Nel frattempo numerose Ong cristiane, in prima fila Caritas Seth Sarana, stanno promuovendo attività di aiuto e soccorso alla popolazione della capitale e non solo.

 

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