Lattaccamento

bambina di quattro mesi di nome Eleonora… La bimba è allattata al seno e passa parecchio tempo con me, dato che il papà lavora. Ho provato a lasciarla dai nonni (che abitano al piano di sopra), ma dopo cinque minuti ha iniziato ad agitarsi. Non va volentieri da loro, e non vuol andare neppure in braccio. È una cosa normale? Ho sbagliato in qualche atteggiamento?. Angela, 26 anni La piccola Eleonora è una bambina perfettamente normale che sta vivendo l’attaccamento alla mamma, perché rappresenta il suo tutto, il suo Bene. La domanda mi dà l’opportunità di accennare a ciò che un bambino vive nei primi mesi. Certo è che se potessimo solo rivivere ciò che ogni cucciolo d’uomo sperimenta nel primo anno di vita, scopriremmo quanto l’amore e l’attaccamento al Bene siano i cardini basilari dell’esistenza. Prendiamo ad esempio il momento della nascita. Grandi psicologi infantili come Winnicott, Klein, Dolto, sono concordi nel ritenere questo evento come un momento carico di angoscia dovuta al passaggio dal pianeta caldo e accogliente dell’utero materno al mondo esterno, che costringe subito il neonato al respiro. Il respiro è talvolta drammatico, un bruciore che entra nei polmoni, perché il neonato non sa respirare e l’aria all’inizio brucia… Ed è importante che questo momento avvenga alla presenza della persona che sarà il tutto per il bambino: la madre. Quando il bambino manifesta il suo disagio con il pianto, subito qualcuno lo accoglie, qualcuno che placherà la sua angoscia e lo accudirà… Un’attenzione e una cura che d’ora in avanti accompagneranno il bambino in tutti i momenti della vita ed in particolare durante l’allattamento, quando la soddisfazione della fame gli farà sperimentare il piacere. È soprattutto grazie a questi momenti e al continuo appagamento che la madre darà agli istinti del bambino che essa rappresenterà il Bene. È, come dice Fornari, un bene che si può prendere e dal quale si può essere presi, cioè un prendere insieme, un con-prendere. E, grazie al riflesso ereditario presente nel bambino, cioè di quell’automatismo biologico che lo porta ad introdurre in sé stesso la realtà esterna, la madre verrà portata in sé, come fonte di ogni bene. Pertanto tutta l’esperienza del piacere, produce nel bambino la nascita di una presenza buona. Quando poi, il piccolo si impadronisce della percezione del mondo esterno, specialmente con lo sviluppo della visione, egli cerca, per così dire, una presenza buona interna in un qualcosa che sta fuori di lui: la madre, il seno della madre. Succede che, soprattutto dopo un po’ di mesi, quando il bambino è con estranei, prende coscienza della assenza della madre e piange in modo disperato. Quindi la signora Angela stia tranquilla. Occorre rispettare i tempi della bambina. Lei sperimenterà che la madre va e viene, che compare e scompare e che i momenti di abbandono verranno successivamente ricompensati con la presenza e man mano che crescerà troverà alcuni oggetti che sostituiranno la madre: l’orsacchiotto di peluche, il ciuccio, il bambolotto, saranno i giocattoli che la accompagneranno verso luoghi o persone sconosciute. La psicologia infantile dice… Potremmo chiederci: e il bambino che è orfano, abbandonato… è destinato alla perdizione? Ecco che cosa ha scritto il grande pediatra Marcello Bernardi: La figura materna può essere chiunque, qualsiasi persona che sappia amare. Nonna, o zia, o sorella, o madre adottiva o un’estranea che per affetto impari a non essere estranea; oppure anche una figura maschile che si dedichi alla cura del bimbo. Purché sappia uscire da sé per entrare nell’universo del piccolo. acetiezio@iol.it M. Bernardi, La vita segreta del bambino, Salani editore.

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