L’appello di Napolitano alla sobrietà

A Cuneo le parole forti del presidente della Repubblica per una nuova speranza per il Paese
napolitano cuneo

Un appello all’unità e al bene comune ma anche alla sobrietà, all’umiltà e alla solidarietà. Le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Cuneo non lasciano dubbi e sono accolte da continui applausi di una folla che si è assipata lungo le strade, nel municipio, nella piazza e nel teatro storico cittadino. «Oggi nel mondo ci sono nuovi equilibri. Noi dobbiamo individuare nuove strade per vivere uniti, m anche in modo più solidale, più sobrio – ha detto il capo dello Stato – Lo so che oggi in questo preciso momento storico per l’Italia può sembrare assurdo parlare di sobrietà e umiltà. Può sembrare assurdo, ma non dobbiamo avere paura a richiamarci a questi valori che sono i migliori della nostra lunga storia».

 

Le parole di Napolitano sono accompagnate da un applauso spontaneo che sembra non finire. I cuneesi lo accolto come un padre, una guida che sta reggendo dritta l’asta del Paese. Quando parte dalla prefettura a piedi lungo via Roma fino al municipio due ali di folla lo accolgono festanti, tra applausi, grida di stima e riconoscimento, incitamenti ad andare avanti. Il presidente risponde commosso, si avvicina alla gente, sempre dove ci sono bambini e giovani stringe mani e invita ad avere coraggio, a non scoraggiarsi.

 

Di fronte al comune lo attendono il sindaco di Cuneo Alberto Valmaggia, la presidente della provincia Gianna Gancia e il governatore del Piemonte, Roberto Cota. Ma anche il sindaco di Torino, Piero Fassino, accolto dai cuneesi con un lungo battimano. In comune l’accoglienza degli amministratori la consegna di una targa con l’epigrafe di Piero Calamandrei nella città medaglia d’oro per la Resistenza, e poi il trasferimento al Teatro Toselli dove una folla di sindaci e dei Combattenti e reduci per la libertà , ma anche di giovani lo aspettano festanti. Uno spontaneo Inno di Mameli e poi i saluti ufficiali.

 

Il sindaco Valmaggia spiega le iniziative per i 150 anni dell’Unità d’Italia celebrate a Cuneo, riprendendo un pensiero di Cesare Pavese: «Quando un popolo non ha più il senso vitale del suo passato si spegne, e noi non vogliamo che il nostro popolo oggi si spenga, vogliamo che vincano i sogni e i progetti dei giovani». Ma il sindaco non si sottrae dal citare i problemi: quello del lavoro ma anche quello del mantenimento dei piccoli comuni con un applauso che si fa sempre più forte nella sala in cui c’è anche il sindaco di Ostana, il più piccolo d’Italia. E invita ancora al dire grazie ai “giovanotti”, che come Napolitano, hanno combattuto per la nostra libertà oggi.

 

Dopo il sindaco è toccato a don Aldo Benevelli del Comitato dei combattenti per la libertà, partigiano, che si commuove quando pronuncia il loro motto: «Morire ma non tradire. L’odio ci uccise, ci fa rivivere l’amore, l’inno di noi partigiani – E poi chiude – Noi fedeli nonni d’Italia saremo sempre al suo fianco, signor presidente. Viva l’Italia!».

 

La parola è toccata poi due studenti, Nicla Minosi e Filippo Merlo che hanno ringraziato il presidente per l’esempio e garantito di voler impegnarsi per questo Paese. I presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky ha poi chiuso con parole dure su questo momento politico: «È incombente il pericolo della discordia e Lei, signor presidente, rappresenta l’unità nazionale, ed è un simbolo che a seconda dei momenti della storia assume momenti diversi fino a poter diventare simbolo attivo per quanti cercano vie d’uscita verso un avvenire di concordia nazionale».

 

Napolitano ha chiuso poi gli interventi, salutando tutti in particolare i ragazzi ma anche quei “giovanotti” che come lui hanno lottato per ricostruire questo Paese dallo scempio e la distruzione fascista. Poi abbandonati i ricordi c’è stato il monito verso la politica italiana: «Gli sforzi che mi si richiedono sono complicati, compreso lo sforzo di evitare le esorbitanze, ho il dovere di muovermi rigorosamente nei limiti dei miei poteri e guardare all’essenziale delle mie funzioni. Prima fra tutti l’osservanza all’articolo 87 sulla rappresentazione dell’Unità nazionale. Quelli di oggi sono problemi duri, non si hanno certezze e posizioni acquisite. Se noi vogliamo capire le nostre sfide dobbiamo capire com’è cambiato il mondo negli ultimi venti anni, e dire come ha detto Obama che abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi, abbiamo costruito il nostro benessere mentre milioni di uomini venivano esclusi dalla competizione economica mondiale. Oggi dobbiamo avere il senso delle nostre responsabilità ed essere capaci di intraprendere nuove strade. Ma abbiamo bisogno di un clima di collaborazione, senza faziosità, di unità, senza particolarismi e senza divisioni ed esasperazioni. Unità e concordia non significa assenza di divergenze e competizione. Negli anni della ricostruzione dopo la guerra il segreto è stato che tutti hanno cooperato ad uno straordinario sforzo collettivo».

 

E infine un impegno per tutti, con la voce rotta dall’emozione: «Dobbiamo tenere viva la dignità della politica. La politica non è una cosa sporca se si opera nell’interesse di tutti. Dobbiamo fare tutti la nostra parte e l’Italia tornerà a parlare con la sua voce autorevole in Europa».

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