La Via Crucis graffiante di Bregantini

Al vescovo di Campobasso sono stati affidati i commenti di questo viaggio della Croce che fin dalla prima stazione spazza via la devozione per entrare nei drammi del nostro tempo: i figli morti per i rifiuti tossici, i carcerati, le donne sfruttate, i senza lavoro
Via Crucis

La Via Crucis è stampata su carta patinata, ma il contenuto è ruvido e graffiante da far male. Immagino il disagio di alcuni che inizieranno a seguirla in tv e che dopo poche stazioni finiranno col cambiare canale perché infastiditi. Ma sono sicuro che molti, moltissimi, vi rimarranno incollati: nel volto di Cristo e nella sua storia riconosceranno il proprio volto e le proprie storie, proprio come dice il titolo “Volto di Cristo, volto dell’uomo”.

Fin dalla prima stazione la melassa devozionale e le considerazioni pie sono spazzate via dai drammi della vita d’ogni giorno. “Gesù è condannato a morte”, ed ecco apparire le facili accuse, i preconcetti che si fanno cultura razzista, le calunnie, gli accusati sbattuti in prima pagina e gli scagionati in ultima, con una preghiera per “chi deve, per missione, giudicare in tribunale, perché emetta sempre sentenze giuste e vere. Amen”. 

A mano a mano che si procede nella via della croce l’analisi della nostra società si fa acuta e penetrante: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, speculazione finanziaria, suicidi di imprenditori, aziende che lasciano il Paese. Cosa c’entra tutto questo con la “pia pratica” della Via Crucis? Si ode poi il lamento straziato delle madri per i figli che muoiono a causa dei tumori prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici, il lamento dai carceri sovraffollati che infliggono doppia pena, quello delle donne schiavizzare dalla paura e dallo sfruttamento.

Che altro tipo di Via Crucis avrebbe potuto scrivere il vescovo Giancarlo Maria Bregantini? Per usare il linguaggio di papa Francesco, Bregantini è un pastore che porta su di sé “l’odore delle pecore”. Ha alle spalle un lavoro in fabbrica, è stato cappellano in ospedale e in carcere, ha combattuto la ’ndrangheta, è stato vicino ai giovani disoccupati aiutandoli con iniziative concrete… Un vescovo di frontiera la cui nomina a Cambobasso è stata vista da tanti come un allontanato da Locri e dalla Calabria, dove era diventato una presenza scomoda. Ma a papa Francesco piacciono le persone di periferia. Per questo l’ha chiamato a proporre la sua meditazione per questo Venerdì santo.

Una meditazione che non è soltanto esposizione delle situazioni dolore nelle quali si trova la nostra società in questo momento di crisi. È anche e soprattutto un appello a non rimanere nella commiserazione, ma a passare alla condivisione: “Non più lamenti ma voglia di rinascere, di guardare avanti”. Le proposte sono, ancor una volta, concrete e attuabili: non infierire su chi è caduto e non essere indifferenti verso chi cade, non chiudere la porta a chi bussa alle nostre case, chiedendo asilo, dignità, patria…

Perché vive in mezzo alla gente, Bregantini conosce anche i cuori che si aprono nei tanti gesti di volontariato: una notte in ospedale, un prestito senza interesse, una lacrima asciugata in famiglia, la condivisione di pane e lavoro…

È così che si squarcia il velo fino a vedere finalmente il volto del nostro Signore, e a conoscerne il nome più profondo: misericordia e fedeltà. Si inizia per riconoscere il volto di Cristo in quello sfigurato dell’uomo e si finisce per vederci restituito, in tutta la sua bellezza, il volto splendente di Cristo.

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