La Treviso di Mazzariol

Un insolito viaggio nel passato e nell’oggi della graziosa cittadina veneta e del suo territorio.  "Mi attraeva la struttura urbanistica della città dentro le mura: labirintica, ma fascinosa e quasi soave, punteggiata di palazzi aviti, di case trevigiane panciute e familiari; di templi, chiese, oratori".

«C’è da guadagnare a imbattersi in Ferruccio Mazzariol, sia che lo si legga, sia che si abbia il piacere di conversare con lui raggiungendolo a Treviso, dove vive. Rappresentante di una civiltà contadina ricca di valori, le cui tradizioni affondano nell’humus cristiano, è lontano mille miglia dalle complicazioni e dalla artificiosità che affliggono la nostra società troppo spesso disumana».

Così scrivevo circa dieci anni or sono dopo aver intervistato questo scrittore, poeta e saggista nato a Colmello della Grasseghella, frazione di Ponte di Piave, artefice ed anima di una piccola e vivace editrice, la Santi Quaranta, che si distingue per creatività, qualità culturale e finezza grafica dei volumi pubblicati; editrice che prende il nome (e il logo) dalla bella porta urbica trevigiana dedicata ai quaranta martiri di Sebaste che non vollero bruciare l’incenso all’imperatore pagano: indizio anche questo dello spirito libero, e incapace di rassegnarsi all’assenza di morale, di Mazzariol.

L’intervista mi era stata suggerita dal suo Paese dei gelsi, a prima vista una storia locale, limitata all’ambito del folclore, eppure ricca di una spiritualità profonda. Paese dei gelsi, perché protagonisti umanizzati di queste memorie che lo scrittore veneto ha dedicato al mondo perduto della sua infanzia sono gli alberi piantati nella campagna della sinistra Piave per l’allevamento dei bachi da seta.

Suggestionato da questa lettura (oggi il libro è felicemente giunto alla decima edizione!), avevo atteso con impazienza un nuovo testo di Mazzariol. Ed ecco sei anni dopo, di tutt’altro genere, Le aquile bianche dell’imperatore: un personale affettuoso omaggio, tra storia e fantasia, all’Impero asburgico rievocato nei suoi splendori e grandezze, ma anche fragilità. Dopo l’Austria, Mazzariol torna oggi ad affascinarmi con un altro luogo del cuore e dello spirito, il più propriamente suo, visto che riguarda La mia Treviso. Passeggiate nella Marca, ultima creatura di questo “editore tuttofare” uso a promuovere in prima persona, visitando i numerosi punti vendita, la sua produzione.

Anche qui ritrovo il suo sguardo affettuoso e delicato, la sua prosa briosa e frizzante, che non di rado, per farsi più ludica e fluente, accoglie termini ed espressioni del cantabile dialetto locale. Come pure l’alternanza di ricordi d’infanzia e giovinezza con la grande e piccola storia cittadina, di episodi scherzosi con pause più serie di riflessione.

«Treviso – dichiara Mazzariol a inizio volume – mi è entrata a poco a poco nel cuore come avviene per gli innamoramenti che durano. Città socievole, espansiva; patrizia e graziosa e insieme alla mano, mi ha affascinato prima di tutto per il dialetto amabile che sa di risorgiva fresca; un dialetto discreto e canterino che era una meraviglia in bocca alle donne e alle ragazze, e che ora purtroppo sta decadendo. Poi mi attraeva la struttura urbanistica della città dentro le mura: labirintica, ma fascinosa e quasi soave, punteggiata di palazzi aviti, di case trevigiane panciute e familiari; di templi, chiese, oratori. Mi colpivano le strade lastricate a pavé, le decine e decine di fontanelle sparse per tutta la città. Treviso, vista dall’alto, è distesa in un rettangolo sublime, simile a un campo di calcio dove non ci sono risse e urla; è attraversata a sud-ovest dalla grossa vena delle acque permanenti del Sile e da tutta una serie di canali, canalette e fontanili spontanei. Le mura, spesso interrotte da lunghi varchi, le fanno corona; e poi si impongono alla vista del viandante-viaggiatore le Porte armoniose e turrite di Santi Quaranta, di San Tomaso che mostra invece sulla sommità la statua di San Paolo, di Porta Altinia».

Come Dante ha affrontato non da solo il viaggio nei tre regni oltremondani, il fantasioso Mazzariol ha scelto per sé due figure storiche e mitiche insieme: il duca Alfonso Della Piave e l’amata contessa Maria Beatrice Della Galea. In loro compagnia anche il lettore va alla scoperta di vie, piazze, palazzi, chiese, mercati, ostarie, mura e porte urbiche; e poi dei mulini, delle Ville venete, del selvoso Montello tuttora popolato da caprioli, lungo un itinerario che va dalla Tarvisium delle origini ai tragici eventi bellici del 1944, attraverso il periodo comunale, le signorie Da Romano, Da Camino, Scaligeri e Carraresi, la dominazione veneziana e quella napoleonica, il Lombardo-Veneto.

Una guida insolita e affabile per penetrare lo spirito di una città che Mazzariol non si stanca di definire “mia” e “bella”.

 

 

 

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