La Toscana alla prova immigrati

La regione ha scelto di distribuire sul territorio i tunisini, provenienti da Lampedusa. Piccole comunità gestite da volontari per garantire vivibilità e sicurezza
Imbarchi a Lampedusa

No a tendopoli con il filo spinato, come moderni campi di reclusione: la Toscana propone un suo modello d’accoglienza per i tunisini che continuano ad arrivare in Italia. «Abbiamo pensato ad una distribuzione capillare sul territorio – spiega Massimo Toschi, consulente del presidente della Regione sulla cooperazione internazionale e i diritti delle persone con handicap – abbiamo chiesto aiuto a tutte le organizzazioni di volontariato, ai comuni e alle province. Non ci piaceva veder costellata la nostra regione di Cie (Centri di identificazione e espulsione)».

 

In cosa consiste questo modello? Il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, all’ultimo incontro con il ministro Maroni ha proposto di suddividere in numeri di 50 gli immigrati che la Toscana dovrebbe accogliere e di ospitarli poi in strutture gestite dalla Misericordia, dalla Croce Rossa, dalla Caritas e dalle altre associazioni sul territorio. Rossi è stato deciso: nessuna tendopoli che potrebbe, per l’alta concentrazione di stranieri, provocare disordini e problemi alla sicurezza.

La sperimentazione proposta è già partita con 500 immigrati. Al progetto hanno aderito otto province su dieci e hanno dato la disponbilità di accoglienza anche le diocesi di Firenze, Prato, Livorno, San Miniato ed altre ancora. Massimo Toschi non le ricorda tutte, ma precisa che gran parte delle case che ospiteranno i tunisini sono proprietà ecclesiastiche.

Il Governo naturalmente provvederà a tutte le spese, attingendo dal fondo di 800 milioni di euro stanziato per l’emergenza. Intanto i nuovi arrivati sono stati accolti in alloggi familiari, hanno avuto assicurati pasti e sono stati sottoposti a visite mediche per compilare un’adeguata cartella clinica.

 

«In questo modo ci sembra si smonti la prospettiva di uno scontro tra immigrati e popolazione locale – precisa ancora Toschi -.Smantella quell’alone di paura di cui si ammanta una parte del governo per giustificare i respingimenti». Quelli che inizialmente erano stati catalogati come clandestini ora godono di un permesso temporaneo di soggiorno e quindi sono liberi di muoversi sul territorio, anche se un piccolo presidio di forze dell’ordine è appostato nelle vicinanze dei diversi centri, per scongiurare disordini. Il modello Toscana sembra funzionare e al momento sono attivi ben 22 centri, mentre altri si stanno approntando. Non manca qualche perplessità e protesta soprattutto nei piccolissimi borghi, non abituati alla presenza di immigrati, anche se pacifici e ospitati nella casa parrocchiale.

 

Uno stile diverso, accogliente, quello scelto da Rossi, che però al momento non ha avuto seguito. Toschi spiega: «che senza un rapporto consolidato con l’associazionismo e con gli amministratori locali è un modello particolarmente complesso da esportare». La solidarietà è uno dei modi per guardare al vicino Mediterraneo, una scelta che potrebbe premiare. «I tunisini vivono oggi il nostro dopoguerra e se noi gli diamo una mano, sicuramente si ricorderanno quando il processo democratico sarà avviato. Accoglierli oggi non è solo un problema di politica interna, significa smettere di guardare al Nord Africa come nemico o fonte costante di problemi». Parola dei toscani che prospettano soluzioni e le mettono in rete in vista di un futuro non diviso, ma condiviso.

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