La spiritualità di Abbado

Ovazione per il maestro e la sua Orchestra Mozart al X Festival Pergolesi Spontini di Jesi
abbado claudio

Alcuni si meravigliano perché Claudio Abbado, ultimamente, dirige di più musiche di Bach e Pergolesi, autori che parrebbero lontani dalla sua sensibilità accentuatamente moderna. La cosa però appare semplice se si pensa che è naturale che il maestro, ricercatore di verità, salvato da una grave malattia dall’amore per la musica, privilegi la dimensione spirituale, oltreché sonora.

 

Così ha diretto il Concerto per violino archi e continuo in Mi maggiore di Bach e lo Stabat Mater pergolesiano, al Teatro Pergolesi di Jesi, insieme alla giovane Orchestra Mozart da lui fondata, in occasione del X Festival Pergolesi Spontini. Diciamo subito che nel concerto bachiano, solista un Giuliano Carmignola non sempre preciso, Abbado ha evocato un suono disteso e lucente, specie nell’Adagio soffuso di quiete come un sospiro dell’animo.

 

Nello Stabat di Pergolesi, capolavoro di un giovane morto a 26 anni, è una religiosità emotiva, profondamente umana quella che Abbado trasmette, grazie anche al soprano Julia Kleiter e al contralto (un vero contralto con le note gravi, finalmente) Sara Mingardo. Un pathos dolce, una mestizia affettuosa ma serena, vengono comunicate dai singoli “pezzi chiusi” delle arie e dei duetti, mentre l’orchestra accompagna con trasparenza le voci. Il gesto di Abbado è aereo, la musica fluisce in (involontaria? ) preghiera. Ed è ovazione nel teatro gremito.

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