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In profondità > Testimoni

La scomparsa di un vescovo cinese

di Ravindra Chheda

- Fonte: Città Nuova

Alla fine di ottobre, la pagina cinese del sito della Santa Sede (VaticanNews), l’Agenzia Fides e AsiaNews hanno pubblicato e commentato la notizia della morte dell’anziano vescovo di Zhengding, mons. Giulio Jia Zhiguo, scomparso all’età di 90 anni

ph Pixabay

Nella sua lunga vita, nonostante le numerose difficoltà, mons. Giulio Jia Zhiguo «non si lasciò mai scoraggiare [nel] promuovere l’evangelizzazione, formare i sacerdoti e prendersi cura di bambini disabili, mantenendo sempre la comunione con il Papa». Come riferisce AsiaNews, la vita di questo testimone del Vangelo è stata assai travagliata fin dal periodo della sua formazione e, successivamente, anche dopo l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale.

Mons. Jia ha conosciuto queste due tappe della sua vita in rapida successione: il 7 giugno 1980, all’età di 45 anni, era stato ordinato sacerdote dal vescovo di Baoding, mons. Pietro Fan Xueyan, che pochi mesi dopo, clandestinamente, lo consacrò vescovo della vicina diocesi di Zhengding, una località all’interno della provincia dell’Hebei, centro molto importante per la presenza cristiana, in particolare cattolica, in Cina. La vita di questo sacerdote e vescovo ha, dunque, attraversato diverse fasi difficili e di apertura nei rapporti fra il governo di Pechino e il mondo cattolico. «Durante un’epoca difficile e complessa – ricorda il sito di informazione della Santa Sede che pubblica la notizia in mandarino – mons. Jia svolse il suo ministero pastorale affrontando rapporti tesi con le autorità civili, che talvolta comportarono gravi limitazioni alla sua libertà personale. Nonostante tutto, non si lasciò mai scoraggiare». «Abbiamo tanto lavoro da fare. La Cina è un grande campo dove dobbiamo seminare il Vangelo di Gesù», aveva affermato alla già veneranda età di 81 anni nel febbraio 2016. In un’intervista pubblicata da Vatican Insider del quotidiano La Stampa, mons. Jia Zhiguo affermava: «La mia vita è parlare di Gesù. Non ho altro da dire e da fare. Tutta la mia vita, ogni giorno, serve solo per parlare di Gesù agli altri. A tutti». A più riprese nel corso di questi decenni ha dovuto subire lunghi periodi di rieducazione (indottrinamento) e di residenza coatta sorvegliata. Pure in quei momenti non si asteneva mai dal parlare della sua fede e della sua esperienza di Gesù con i funzionari preposti alla sua rieducazione.

La diocesi di Zhengding, di cui mons. Jia era vescovo, non è mai stata riconosciuta come tale dalle autorità cinesi e il vescovo ha trascorso gli ultimi decenni vicino a quella che chiamava la cattedrale, nel villaggio di Wuqiu, il suo villaggio natale, ora nella città di Jinzhou, nella provincia di Hebei. Lì, con il permesso del governo, le sue spoglie mortali sono state sepolte il 31 ottobre, presso la tomba di famiglia. Da notare che la testimonianza offerta da questo vescovo alla sua gente, negli ultimi decenni della sua vita, si è rivelata nella sua decisione di vivere in una casa che ospitava una settantina di orfani, tra cui diversi disabili, tutti accuditi dalle suore. Un’opera «bella e buona», sostenuta anche con offerte di donatori buddisti. Raccontava: «Per me quest’opera è la cosa più importante, la cosa a cui tengo di più. È la realtà a cui non possiamo rinunciare. Attraverso di essa, tutti vedono l’amore gratuito di Gesù per ognuno di noi».

I problemi con le autorità statali erano di lunga data. Infatti, erano iniziati fin dal tempo della sua formazione in seminario. Fra il 1963 al 1978 aveva vissuto periodi di “rieducazione attraverso il lavoro” in aree isolate e remote della Cina, in condizioni assai difficili. Al termine del difficile periodo della Rivoluzione Culturale, era stato finalmente ordinato sacerdote e, qualche mese dopo, come accennato, aveva ricevuto la consacrazione episcopale. Nonostante la durezza dell’esperienza vissuta, colpiva in questo umile vescovo, come ricordano coloro che hanno avuto modo di conoscerlo, il suo atteggiamento sempre privo di risentimenti contro le autorità. Aveva dichiarato a Vatican Insider: «Ci bastava avere Dio nel cuore. Questo mi ha accompagnato e custodito per tutto quel tempo. Quindi è opera sua, non merito mio. Ci sono state tante difficoltà, ma Dio mi era accanto, e questo bastava. Eravamo tranquilli, perché affidavamo tutto al Signore».

Gianni Valente sul sito di Fides ricorda che, quando veniva invitato dai funzionari del governo a ripetere formule di “autonomia” e “indipendenza” da Roma, il vescovo Jia rispondeva che non era pensabile una separazione; era impossibile, «perché io sono un vescovo cattolico, ed essere in comunione piena con il vescovo di Roma fa parte della fede cattolica. Ma loro – aggiungeva nell’intervista del 2016 – non conoscono la natura della Chiesa, e quindi quando con semplicità dico queste cose rimangono spiazzati e incerti, e non sanno come prendermi». Si era ancora abbastanza lontani dall’accordo fra il governo di Pechino e la Santa Sede sulla nomina dei vescovi, firmato in regime provvisorio nel 2018 e rinnovato fino ad oggi, e non mancavano molte divisioni a diversi livelli. Tuttavia, mons. Jia ha sempre sottolineato l’importanza del ruolo avuto da papa Benedetto XVI, che nel 2007 aveva indirizzato una fondamentale Lettera ai cattolici cinesi. «Ci ha esortato a unirci», affermava l’anziano vescovo. «Noi abbiamo seguito alla lettera quello che dice il Papa: riconciliazione con tutti quelli che sono in comunione con il vescovo Roma».

La situazione che il vescovo Jia Zhiguo lascia nella diocesi non è delle più chiare e semplici. Infatti, il giorno successivo ai funerali, un sacerdote locale, Dong Guanhua – che già nel 2016 aveva sostenuto di essere stato consacrato vescovo, ma senza il mandato papale –, ha diffuso un messaggio in cui si autoproclama nuovo ordinario di Zhengding. La notizia dell’ordinazione era stata comunque preventivamente sconfessata, già 9 anni fa, dall’anziano vescovo da poco scomparso. Mons. Jia aveva infatti dichiarato: «Per il fatto che Dong Guanhua si è fatto ordinare vescovo in modo privato e si è insediato l’11 settembre 2016, Dong e colui che lo ha ordinato hanno violato il Canone 1382 del Diritto canonico, e sono soggetti alla [immediata] scomunica latae sententiae». Un’ulteriore prova della fedeltà profonda al papa di questo grande vescovo dell’Hebei, ma anche della complessità di alcune situazioni ecclesiali nell’immenso Paese asiatico.

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