«Invalidità è solo una parola». È da questa affermazione controcorrente che prende vita In&Valid, piattaforma digitale nata non da un’astratta opportunità di business, ma dal desiderio di Daniele Pace di riscrivere, letteralmente, il vocabolario dell’inclusione.
Imprenditore digitale che convive con una malattia genetica degenerativa, Daniele ha trasformato una sfida personale in una missione sociale, mettendo a frutto la sua profonda conoscenza della tecnologia e dell’intelligenza artificiale.
I suoi collaboratori lo definiscono la forza motrice del progetto: non solo ne ha concepito l’idea, ma ne ha definito ogni dettaglio strategico, guidato lo sviluppo tecnico e selezionato con cura un team che condividesse la sua visione. Fra questi c’è Helena Eva Pozzi, Project Manager della piattaforma, che abbiamo intervistato.
Qual è il suo ruolo in In&Valid?
Sono la project manager: mi occupo della gestione operativa, della ricerca fondi, del coordinamento con i partner e della supervisione dello sviluppo. Lavoro a stretto contatto con Daniele, il fondatore, e con Emanuele, responsabile dei servizi.
Quando mi candidai per questo ruolo, non sapevo che si trattasse di un progetto rivolto alle persone con disabilità. Con il tempo, ho capito che sarebbe stata un’opportunità unica: io stessa, nata con un problema all’arto superiore, posso essere sia il project manager che l’utente finale. Questa duplice prospettiva mi dà una carica straordinaria, perché so esattamente di cosa parliamo: vivo queste problematiche sulla mia pelle ogni giorno.
Voi affermate che “Invalidità è solo una parola”. Come è nata questa consapevolezza?
La scelta di sfidare semanticamente il termine “invalido” è partita da Daniele ed è ora condivisa da tutto il team. Quel vocabolo ha storicamente un’accezione negativa, che evoca l’idea di “non valido” o “non capace”. Per ribaltare la prospettiva, abbiamo operato una rottura grafica e concettuale: “In” non è più negazione, ma sta per “Incluso”; “&” è la connessione; “Valid” ritorna al significato di “Valido”. Quindi, non più “in-valido”, ma “Incluso e Valido”.
In Italia ci sono 13 milioni di persone con disabilità e 7 milioni di caregiver. Come avete percepito l’inadeguatezza dei servizi esistenti?
Prima di tutto attraverso la nostra esperienza personale, ma è anche un dato di fatto: esistono molti servizi, spesso non sono fruibili o ben organizzati. La prima cosa per diventare parte attiva della società è informarsi e conoscere i propri diritti.
Come garantite la protezione dei dati sanitari sensibili?
Rispettiamo rigorosamente tutte le normative sulla privacy. Fondamentalmente, non obblighiamo l’utente a inserire informazioni sensibili. Per registrarsi sono richiesti solo nome, cognome e una password.
In che modo In&Valid si trasforma da portale informativo a “creatore di percorsi di vita personalizzati”?
Costruendolo insieme alla community. Per noi è fondamentale il ruolo dell’utente finale: non offriamo un semplice elenco, ma l’accesso diretto a un intero ecosistema di servizi, pubblici e privati. Tengo a sottolineare che il nostro utente è sia la persona con disabilità che il caregiver, una figura troppo spesso trascurata nonostante il suo ruolo fondamentale.
La community, dopo essersi registrata, può segnalare attivamente nuovi servizi e iniziative, aiutandoci a colmare quei bisogni che il mercato ignora.
Al di là dei numeri, qual è l’impatto concreto che avete osservato?
Rendere le informazioni chiare e accessibili in un unico luogo. Il feedback più comune che riceviamo è: “Finalmente trovo tutto in un unico posto“. Anche se gli utenti devono poi affrontare gli iter burocratici previsti dalla legge, noi semplifichiamo e chiariamo l’intero processo, dall’agevolazione per andare allo stadio all’accesso alla Legge 104.
Qual è l’aspetto che l’ha maggiormente arricchita a livello umano in questo percorso?
Ho compreso che le disabilità sono di infinite tipologie: non solo fisiche e visibili, ma anche cognitive, mentali, psicologiche. Il nostro obiettivo è superare la compassione per concentrarci sul miglioramento concreto della qualità della vita. A livello professionale, questo progetto mi ha avvicinato all’intelligenza artificiale. A livello umano, mi confronto ogni giorno con i miei limiti, imparando che possiamo sempre “alzare l’asticella un po’ più in là”. In questo siamo stimolati da Daniele, che per primo mette in campo energia e competenze. Tutto il team – io, Daniele ed Emanuele – apparteniamo a categorie protette. Questo per noi non è un limite, ma un motore che ci spinge a fare sempre meglio. Aiutare anche una sola persona in più fa la differenza. E credo che ci stiamo già riuscendo.
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Alla luce di quanto raccontato da Helena possiamo dire che In&Valid con la sua visione radicata nell’esperienza e un team che vive in prima persona le sfide che intende risolvere, non si limita a essere uno strumento digitale. Sta diventando un modello concreto e un catalizzatore di cambiamento che, partendo da un cambio di paradigma lessicale, punta a ridefinire le regole dell’inclusione sociale.