La parabola di Aaron Swartz

Un'analisi e una critica della figura dell'attivista informatico condannato per aver violato i dati protetti della biblioteca digitale JSTOR (tramite la rete del Massachusetts Institute of Technology) e suicidatosi nei giorni scorsi. Dall'autore del blog Internet e dintorni
Aaron Swartz

Venerdì scorso, a New York, si è suicidato Aaron Swartz. Aveva 26 anni ed è stato uno dei creatori dei feed RSS e dei Creative Commons e co-fondatore di Reddit, un noto sito di social media (l’ha utilizzato Obama durante le ultime presidenziali per dialogare direttamente coi cittadini americani).

Swartz era noto soprattutto perché accusato di aver scaricato, attraverso la rete del MIT (Massachusetts Institute of Technology), 4.800.000 documenti da JSTOR, una biblioteca digitale di contenuti scientifici. Per questa accusa ha rischiato fino a 35 anni di carcere e una multa da pagare che sarebbe potuta arrivare fino a un milione di dollari.

In questi giorni tutto il gotha della rete, da Tim Berners-Lee fino a Cory Doctorow, hanno scritto messaggi e animato azioni sul web per ricordare Aaron Swartz. Anonymous (attivisti anonimi che protestano in Internet attraverso azioni spesso spettacolari o ad effetto) ha hackerato il sito del Mit in segno di rappresaglia per alcune ore.

Lawrence Lessig, con cui Swartz aveva collaborato per la creazione dei Creative Commons, ha scritto sul suo blog che qualcuno dirà che questo non è il momento per parlare, invece è necessario farlo. Concordo. Credo sia importante raccontare questa storia per non rischiare di metabolizzarla o di farla digerire dall’opinione pubblica senza mal di pancia.

Aaron Swartz oggi, ancor più di quanto non lo sia stato in vita, è diventato un simbolo. In vita si è sempre battuto contro ogni forma di controllo in Internet, contro il diritto d’autore, a favore del copyleft, dei contenuti free e aperti a tutti. Per tutti quelli che credono in questa possibilità di futuro e per tutti quelli che cercano di contribuire a definire quello che sarà il futuro del web, della cultura e molto di più, Aaron Swartz rimarrà un riferimento importante.

Ecco, il punto è questo. Molte delle idee di Swartz possono essere oggetto di discussione e dibattito, anche acceso. C'è chi considera, infatti, e  non a torto, anche l’importanza del diritto d’autore e dell’autorialità in generale, chi non è convinto delle potenzialità liberatorie del copyleft e teme che se i contenuti diventeranno sempre più gratis per tutti, chi li produce e chi li veicola potrà guardare alla pubblicità come unico modello di business. E la pubblicità, che assolutamente non deve essere demonizzata, non può essere l’unico modello economico per chi fa informazione e cultura, perché imporrebbe un appiattimento verso ciò che è popolare e di moda in un momento storico particolare, e questo, l’informazione e la cultura, se sono oneste, non possono permetterselo.

Detto ciò, posizioni che si aggiungono e si scontrano tra loro in un movimento dialettico, sono la linfa di un ditattito aperto a cui personaggi come Aaron Swartz hanno dato un contributo determinante con le loro idee e le loro azioni. Il fatto che questi pensieri e queste azioni (quando rimangono dimostrative e non lesive dell’altro, come per esempio rendere pubblici contenuti privati, come ha fatto Swartz con JSTOR) facciano correre dei rischi, fa parte del gioco. Il fatto che la pena per questi rischi sia sproporzionata rispetto al dibattito in corso deve anche far riflettere: 35 anni di carcere per un’azione come quella compiuta da Swartz sono una condanna fuori misura, sono un fardello enorme per una grande idea, anche se questa produce un danno economico. Anche se questa idea mette in discussione un sistema economico.
 

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