Luglio 2021. Mancano meno di tre settimane all’inizio dei Giochi a cinque cerchi di Tokyo. Le autorità dell’Avana comunicano che il ventenne cubano Jordan Díaz, uno degli atleti su cui i dirigenti sportivi dell’isola caraibica puntano per la conquista di una medaglia (la sua specialità è il salto triplo), ha disertato la delegazione olimpica del proprio Paese. Dopo avere partecipato al meeting di Castellón, a fine giugno, Díaz è rimasto in Spagna. Ha deciso di abbandonare Cuba, in continuità con quanto fatto in precedenza da tanti suoi illustri connazionali nella speranza di migliorare, anche grazie al suo talento sportivo, le proprie condizioni di vita. Tra gli atleti che si stanno preparando alle Olimpiadi c’è un altro triplista cubano, Andy Díaz Hernandez. Anche lui, come il suo ex compagno di nazionale, ha già mostrato di avere del talento, e si presenta ai Giochi con un personale di 17,63 metri, una misura di tutto rispetto che, se ripetuta in Giappone, probabilmente gli potrebbe valere la conquista di una medaglia. Purtroppo, però, si infortuna in allenamento e non può prende parte alla gara di qualificazione. La medaglia d’oro, alla fine, la vincerà Pedro Pablo Pichardo, guarda caso un altro ragazzo cubano che, lasciato il suo Paese, dal 2019 ha ottenuto la naturalizzazione all’estero (in questo caso portoghese).
Dagli inizi degli anni ’90, sempre più frequentemente si sono verificati casi di atleti di primo livello “fuggiti” da Cuba. Una trasferta fuori confine per prendere parte ad una competizione lontana dall’isola dell’America centrale, si è trasformata spesso nell’occasione per fuggire da stipendi bassi e scarse prospettive, per “chiudere” (con una scelta comunque dolorosa) con la propria terra, tentando la fortuna altrove, in particolare negli Stati Uniti o in Europa. Un fenomeno, quello della “diserzione sportiva”, che nel tempo ha visto per protagonisti diversi giocatori di baseball, pugili e pallavolisti famosi (qualcuno ricorderà tra gli altri il caso di Tai Agüero, poi naturalizzata italiana), e tanti talenti proprio dell’atletica leggera.
Il continuo deteriorarsi delle condizioni socioeconomiche dei cubani, così come le ritorsioni contro chi dissente dal pensiero espresso dal “partito unico”, negli ultimi anni spingono ancora a più defezioni. Così anche Andy, dopo quei Giochi, decide di non tornare a Cuba, abbandonando la Nazionale per rifugiarsi in Italia e “giocarsi” la possibilità di vita migliore. Ma non sono tutte rose e fiori. Non ha fissa dimora, e spesso, all’inizio, è costretto a trascorrere le notti per strada, su un marciapiede davanti all’ufficio immigrazione nella speranza di riuscire ad ottenere un permesso di soggiorno provvisorio. Poi, un giorno, decide di scrivere un messaggio su Instagram all’ex triplista azzurro Fabrizio Donato, bronzo olimpico a Londra 2012.
«Sono a Roma, ho bisogno di aiuto». E la sua vita cambia… Donato, infatti, raccoglie il suo appello. I due si incontrano, e per alcune settimane Andy viene ospitato da Fabrizio e da sua moglie Patrizia. Sta con loro per Natale – il giorno del suo compleanno – ad Ostia. Da qui nasce una collaborazione che porta questo ragazzo a vivere e ad allenarsi sotto la tutela dell’ex atleta italiano presso la casermadelle Fiamme Gialle di Castelporziano. Grazie, anche, al supporto della Libertas Unicusano Livorno, club che lo ha tesserato. Così, si iscrive a Scienze Motorie e inizia a frequentare un corso di italiano sognando di vestire un giorno la maglia azzurra. Un processo che normalmente richiede diverso tempo, soprattutto escludendo un matrimonio “di comodo” come accaduto per altri casi analoghi al suo.
Nel frattempo, Andy torna a gareggiare, e nello scorso mese di settembre si aggiudica la finale di Diamond League confermandosi come uno dei migliori atleti in circolazione in questa specialità. Poi, qualche settimana fa (era il 23 febbraio), il lieto fine: Díaz, infatti, ha ottenuto la cittadinanza italiana a seguito di una delibera del Consiglio dei Ministri per gli ottimi risultati conseguiti nella propria disciplina. Questo ragazzo in patria ora è considerato un disertore, e non potrà rientrarvi per dieci anni, ma presto potrà indossare la maglia azzurra. «Abbiamo recuperato un ragazzo, un uomo, una persona. E, poi, un atleta. Ciò mi rende orgoglioso e mi fa sorridere il cuore», ha raccontato in una intervista concessa alla Gazzetta dello Sport il suo attuale allenatore.
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