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Italia > Tempi moderni

La necessità di perdere qualche treno

di Maria e Raimondo Scotto

- Fonte: Città Nuova

Per gustare di più la vita può essere utile un rallentamento interiore, potremmo accorgerci della felicità che ci passa accanto attraverso le piccole cose

La nostra città è piena di collinette; ogni salita una discesa. Nonostante tutto, tante sono le famiglie che, nel periodo primaverile, genitori e figli opportunamente equipaggiati, fanno le loro gite in bicicletta ‘fuori porta’. Ci siamo talvolta fermati ad osservare con gioia il ritmo delle loro pedalate che ovviamente, veloci in discesa, pian piano rallentano nell’affrontare una salita.

Abbiamo pensato alla nostra vita, specialmente in questo periodo di pandemia; anche noi di fronte alle “salite” della vita siamo costretti a rallentare. Il virus ci ha costretti in un certo senso a rallentare.

Ma in queste righe non vogliamo parlare solo del rallentamento delle attività, che spesso creano non poche difficoltà sia relazionali che economiche, ma della necessità di un rallentamento interiore, che ci aiuti a gustare di più la vita. Rallentare significa vivere ogni attimo con consapevolezza, chiedersi spesso: «Perché sono qui, perché faccio questa attività?», per riscoprire la motivazione, il senso delle nostre azioni, anche quelle più banali. Una cosa è incartare un regalo, un’altra è “incartarlo” con amore, con attenzione a chi lo riceverà.

Vivere davvero dunque, non sopravvivere. Così sapremo meglio ascoltare gli altri, gustare il cibo preparato con cura, passeggiare senza fretta, leggere un libro, ascoltare buona musica, valorizzare ogni incontro, ogni sguardo. Provate a guardare negli occhi quella persona africana che ogni giorno incrociate sulla strada e vi chiede una moneta, fermatevi a parlare; sperimenterete la differenza tra momenti vissuti senza consapevolezza e momenti che rimarranno per sempre.

Comprendiamo che questo non è sempre facile, specie per una famiglia spesso ingabbiata in un ritmo di vita incalzante. Le cose da fare sono tante: il lavoro, la spesa, i figli da accompagnare in palestra, il dentista, i compiti a casa, l’ordine…. Tuttavia, nei limiti delle proprie possibilità, bisognerebbe cercare di prendere nuove abitudini, fare scelte nuove, indispensabili, perché l’unità familiare viene prima del lavoro, la preghiera prima di qualsiasi attività, perché il riposo è indispensabile per affrontare bene ogni giornata, perché la pace interiore vale più di tutto…

Per rallentare ci vuole coraggio, perché oggi è andare un po’ controcorrente. Tutti corrono. Eppure, se rallentiamo “dentro”, se non ci facciamo prendere dall’ansia, dal carrierismo, dal desiderio di non perdere “nessun treno”, se affrontiamo con più leggerezza le sfide quotidiane, potremmo accorgerci della felicità che ci passa accanto attraverso piccole cose: lo sguardo del bambino pieno di stupore, la gratitudine del vecchietto, la fedeltà del marito o della moglie… Perdere qualche treno in qualche momento è indispensabile.

Rallentare ci può aiutare ad andare oltre le apparenze, a penetrare nella profondità delle cose e degli avvenimenti per scoprire con gratitudine l’amore dell’altro, i nuovi interessi dei figli, le esigenze non dette di tanti, la provvidenza di Dio che ci giunge al momento opportuno.

Abbiamo fatto la prova a guardare con occhi nuovi il paesaggio che circonda la nostra casa? Non avevamo forse notato quei fiori che spuntano ogni primavera imperterriti tra le pietre; l’arco di quell’antico palazzo; l’ora in cui suonano le campane della chiesa, quell’edicola posta all’angolo della strada……Cose antiche e cose nuove, le stesse cose rinnovate da uno sguardo pieno di stupore, che si accorge di tutta la bellezza del mondo.

Proviamo con tutta la famiglia a fare una gita ‘fuori porta’, ma fuori la porta di casa, uscire per guardarsi attorno: una gita al rallentatore, per vedere e gustare tutte le cose che non avevamo mai notato prima. Non esistono posti banali, neanche quelli così vicino casa e che ci siamo abituati a vedere da sempre. La banalità spesso non dipende dal posto, ma da come guardiamo le cose. Diceva J. Saramago:

«Il viaggio non finisce mai. (…)

Bisogna vedere quello che non si è visto,

vedere di nuovo quel che si è già visto,

vedere in primavera quel che si è visto in estate,

vedere di giorno quel che si è visto di notte…».

 

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