La miopia dell’espulsione

I rimpatri in corso in Francia hanno riacceso il dibattito, anche nel nostro Paese, sulle politiche europee in materia di immigrazione
rom Francia

 

I primi ad essere rimpatriati, destinazione Bucarest, sono stati 75, giovedì scorso; altri 130 sono partiti domenica da Parigi e lo stesso trattamento sarà riservato a 160 persone di etnia rom giovedì prossimo. L’operazione di smantellamento dei campi abusivi ha accelerato l’azione con la quale il governo francese sta rimpatriando i rom di nazionalità bulgara e rumena, 850 dall’inizio dell’anno a fine agosto. L’Eliseo si è avvalso di una direttiva secondo la quale è possibile rimpatriare quei cittadini comunitari che non abbiano i requisiti per vivere in un altro Paese membro: dimora adeguata, reddito minimo e non essere a carico dei servizi sociali dello Stato che li ospita.

 

Di fatto, però, come ha spiegato Robert Kushen, direttore esecutivo dello European Roma Right Centre, il provvedimento «viola la direttiva europea sull’uguaglianza razziale e la direttiva sulla libertà di movimento». Inoltre, ha proseguito Kushen, «prima di poter essere espulso ogni individuo dovrebbe essere sottoposto a giudizio, che sancisca che vive in Francia illegalmente e che l’espulsione sia la soluzione da adottare in caso di seria minaccia all’ordine pubblico. In relazione a quello che stiamo vedendo in questi giorni, si dovrebbe esaminare ogni singolo caso. Temiamo che il diritto di ogni individuo non venga tenuto in considerazione».

Insomma, la preoccupazione che si tratti di una politica discriminatoria c’è tutta, così come il sospetto che l’operazione serva a risollevare lo scarso indice di gradimento di Sarkozy e del suo esecutivo.

 

Immediate le reazioni anche nel nostro Paese, con plausi all’intervento francese in atto da parte di diversi esponenti del governo e la dichiarazione del ministro degli Interni, Roberto Maroni, circa la possibilità di espulsioni dall’Italia per qualsiasi cittadino comunitario che non abbia i requisiti minimi sui quali hanno fatto leva i colleghi d’oltralpe.

La faccenda è di enorme rilevanza, tanto che da Bruxelles, la Commissione europea sta «monitorando da vicino le varie situazioni» e richiama «ad attuare correttamente le regole europee».

 

Anche la Chiesa italiana è intervenuta, attraverso mons. Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes: «I rimpatri sono illegittimi perché riguardano sostanzialmente persone che hanno il diritto di movimento in Europa». Piuttosto, sottolinea il direttore di Migrantes, occorrerebbe pensare a «costruire nuovi percorsi legislativi che portino alla cittadinanza anche per le minoranze non riconosciute come sono, appunto, quelle dei rom; un percorso che premi soprattutto i bambini che nascono in Italia o che sono già nati nel nostro Paese, ma che favorisca anche l’integrazione e l’assunzione di responsabilità».

Percorsi complicati, nessuno lo nasconde, ma che trovano riscontro in progetti realizzati in alcune città italiane dove l’opera di scolarizzazione dei bambini, di socializzazione con gli adulti e di mediazione culturale rende meno difficile la convivenza.

«Cari genitori, possiate educare i vostri figli alla fraternità universale», ha esortato Benedetto XVI all’Angelus di domenica scorsa nei saluti in lingua francese. Forse conviene proprio ripartire da lì, da quella fraternità, valore universalmente riconosciuto, anche se ancora scarsamente applicato.

 

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