La Madonna tra due poggi

Viaggio nel Catanzarese: a Dipodi, sulle tracce di uno tra i più antichi e venerati santuari mariani della Calabria

Siamo nel territorio di Feroleto Antico, in provincia di Catanzaro, a circa sette chilometri dal centro abitato. Il paesaggio è il più ameno e riposante che si possa immaginare: verdi rilievi, ombrosi boschi di querce da sughero, campi coltivati ad uliveti… Pace e silenzio ovunque. E pensare che proprio in questa cornice idilliaca, all’epoca dalle scorrerie dei saraceni in questi territori, si sono svolti i più feroci scontri! In tempi recenti, invece del sangue, disordini dovuti alla gestione della festa di metà agosto hanno turbato quest’oasi di contemplazione.

Qui, isolato scenograficamente tra due poggi (da cui Dipodi), spicca il santuario di tal nome, uno dei più antichi e venerati della Calabria, dedicato a Maria Assunta. Per accogliere i pellegrini che giungono a decine di migliaia dall’intera regione e anche da più lontano, specie in occasione della settimana di Ferragosto, la chiesetta dalla semplice facciata sormontata da un timpano triangolare è dotata di un ampio piazzale ombreggiato da due platani piantati nel 1854. Accanto è una palazzina porticata che funge da foresteria e dove si tengono anche convegni, ritiri e corsi di studio.

Un’antica cronaca che sa di leggenda fa risalire la sua fondazione addirittura al IV secolo per volere dell’imperatore Costantino, come ringraziamento per essere stato guarito dalla lebbra contratta a Nicastro mentre era in viaggio per Costantinopoli. L’ipotesi più accreditata sposta invece la data intorno al 1020: la chiesa sarebbe stata edificata in onore della Vergine che, apparsa ai cristiani mentre i saraceni scorrazzavano ai piedi dei “due poggi”, aveva infuso loro coraggio per respingerli. Secondo un’altra tradizione, la Madre di Gesù esortò in sogno una suora a inviare i lebbrosi della zona nei pressi del torrente Badia: lì essi avrebbero trovato una sorgente risanatrice. Successive ricerche nel luogo indicato confermarono la veridicità del sogno. Non solo: insieme alla sorgente, scavando fra dei ruderi, fu rinvenuta dagli stupiti feroletani una icona mariana.

Non ci volle altro per decidere di edificare in quello stesso punto una cappella per onorare la Madonna. Senonché nottetempo, e per più notti di seguito, le pietre di costruzione venivano misteriosamente spostate altrove. Apparve allora evidente ai mastri costruttori la soprannaturalità dell’evento. Tanto più che, perlustrando i dintorni, finirono per trovare le stesse pietre disposte in modo da delimitare il perimetro di un edificio. E proprio su quell’altura fu eretta la chiesa, certo molto più modesta dell’attuale, che nulla ha di monumentale, ma si presenta accogliente nella sua semplicità esaltata da un recente restauro sia all’esterno che all’interno.

Oggi non ci sono quasi pellegrini; i pochi che sostano sotto i platani secolari del piazzale aspettano forse l’ora della messa vespertina, e intanto si godono da quassù il panorama della piana di Santa Eufemia e del golfo omonimo. Entro nel santuario che nel corso dei secoli, prima del nome attuale, ha preso quelli di Santa Maria de Puris e di Santa Maria Visitapoveri. È deserto e silenzioso; attutiti giungono dall’esterno i versi degli uccelli; non si è distratti neanche da dipinti sulle pareti, che sono nude: quale luogo più ideale per accogliersi in preghiera?

Sul semplice altare moderno spicca un dipinto con la Madonna assisa in trono tra san Silvestro e Costantino da un lato, e sant’Agostino dall’altra: evoca il leggendario incontro, qui nei pressi, tra l’imperatore e il papa. Ma l’attenzione è attirata soprattutto da una statua lignea policroma di fattura napoletana, risalente al XVII secolo: l’opera di maggior pregio artistico. Raffigura a grandezza naturale la Madonna col Bambino.

Di nuovo fuori, provo ad immaginare la grandiosa festa che si svolge a Dipodi dal 13 al 15 agosto: l’afflusso continuo di pellegrini dopo aver percorso a piedi, per chilometri, impervie mulattiere; l’assiepamento di bancarelle che vendono di tutto nell’ultimo tratto della via d’accesso al santuario; la processione delle “verginelle”: fanciulle biancovestite con in testa corone di fiori. E poi, fra canti di lode alla Madonna, le celebrazioni liturgiche con gran concorso di vescovi, i fuochi pirotecnici…

Partendo da Dipodi, l’auto su cui viaggio con alcuni amici sfiora la “cona” (l’edicola sacra) sorta nei pressi della sorgente miracolosa. “Fonte dei Leproselli” era chiamata, quasi ad attenuare con questo diminutivo gentile l’orrore di una malattia, la lebbra, che nei tempi passati condannava chi ne era affetto a dipendere unicamente dalla umana pietà. Un tocco della sollecitudine materna di Maria.

 

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