Per la prima lettura quasi tutto va bene o almeno meglio. Secondo il governo l’economia va bene, gli investimenti stranieri aumentano, il turismo è andato a gonfie vele e continuerà così anche nei primi mesi invernali, le relazioni con la Turchia migliorano (come è apparso dalla recente visita ufficiale del presidente turco in Grecia), le strutture e infrastrutture nazionali si consolidano e il governo di Kyriakos Mitsotakis rimane forte secondo recenti approfondite ricerche e sondaggi.
Per la seconda lettura, invece, la situazione sembra non essere tanto idilliaca. Senz’altro l’economia e le finanze vanno meglio e gli investimenti stranieri sono cresciuti, ma non hanno creato molti nuovi posti di lavoro, perché la maggior parte sono concentrati nel settore della logistica. Le relazioni con la Turchia sono apparentemente migliorate e non si notano più violazioni delle acque e dello spazio aereo nazionali. Però tutti sanno che il presidente turco è imprevedibile e l’attuale miglioramento sarà probabilmente temporaneo e associato a ciò che Erdogan vuole ottenere dagli Stati Uniti e dall’Unione europea: per esempio l’acquisto di aerei militari F-16 e F-35 in cambio del via libera per l’ingresso della Svezia nella Nato. E così via.
In buona sostanza, il presidente turco non si sarebbe affatto mosso dalle sue convinzioni e pretese: che la metà del mare Egeo e quasi la metà delle isole greche dell’Egeo Orientale appartengano alla Turchia. L’unica cosa che sembra aver accantonato è la retorica polemica (la minaccia di Erdogan: «Potremmo arrivare nella notte all’improvviso», è solo di settembre 2022). Il miglioramento di strutture e infrastrutture nazionali, specialmente nel settore dei trasporti, è sì programmato ma non si è ancora visto.
Il governo rimane forte e la popolarità del premier Mitsotakis alta. Nello stesso tempo la quotidianità della gente rimane difficile, visto che il costo di vita a tutti i livelli (mercato, case, energia, ecc.) rimane ugualmente alto e quasi l’80% dei greci non riesce a pagare le bollette. Sembra un paradosso, ma secondo vari analisti non lo è. Il fatto è che la gente vuole prima di tutto sicurezza e stabilità, e Mitsotakis offre tutte due le cose. Inoltre è anche vero che per il momento non c’è un’alternativa politica, visto che non esiste una forte opposizione unitaria. Syriza (sinistra) è spaccato in vari pezzi. Il Pasok (socialisti) ha aumentato la sua percentuale approfittando del crollo di Syriza, ma non abbastanza. Anche i comunisti hanno pure aumentato la loro percentuale, ma non a livello pericoloso. In sostanza non esiste una forte opposizione.
Il nuovo presidente di Syriza, Stefanos Kasselakis, sembra non aver convinto ancora tutti i membri del partito e nemmeno tutti i deputati. Così e apparso un nuovo partito: Nuova Sinistra, con undici ex deputati di Syriza che secondo i sondaggi non supera per il momento il 2,5%. Sembra che la sinistra greca non riesca a digerire facilmente il fatto che un ex-banchiere di Goldman Sachs e armatore, cresciuto dall’età di 14 anni negli Stati Uniti, abbia ottenuto la leadership di Syriza con meno di un mese di campagna pre-elettorale. Si dice che questo sia accaduto perché i membri del partito, dopo la doppia sconfitta di maggio e giugno 2023 nelle elezioni nazionali, avevano bisogno di una grande promessa come quella che ha offerto Kasselakis: «Io posso vincere Mitsotakis». Kasselakis ha adottato tattiche di gestione più vicine a quelle di una società anonima che ad un partito. Il primo vero crash-test sarà quello delle elezioni europee a giugno, e il secondo quello delle elezioni nazionali tra quattro anni. C’è pure l’ imminente Convegno del partito a febbraio, che si prospetta abbastanza difficile. Ad ogni modo c’è tempo: per il governo di continuare la marcia in avanti e per Syriza per diventare una forte alternativa. Si vedrà, per il momento ci sono solo sondaggi.
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