In classe abbiamo una bella cassetta rossa per la posta. Serve per scambiarci lettere, messaggi e disegni, finché un giorno abbiamo trovato un insulto che sembrava inviato da Paola. Lei non ne sapeva nulla e gli occhi le si sono riempiti di lacrime. In realtà quella non era la sua grafia… e poi non ce la vedevo proprio a fare una cosa simile.
Ho deciso perciò di parlarne con la classe, invitando i bambini ad assumersi la responsabilità di quella azione. Ma nessuno si faceva avanti… Allora ho suggerito: «Va bene, vedo che chi ha sbagliato a mandare quel messaggio non ha il coraggio di farsi avanti. Do tempo fino a domani per riflettere e poi quel bambino o bambina potrà venire da me spiegandomi perché ha agito così. E insieme troveremo una soluzione. Oppure dovrò sospendere l’attività della Posta in classe che era nata per far crescere l’amicizia tra noi, non per dirci cose brutte».
Le ore passano e si avverte un clima di disagio tra noi. Si avvicina Anna, la leader positiva del gruppo: «Maestra, possiamo fare un gruppo per parlarci di quello che è successo ieri?». «Ma certo! – rispondo – Devo esserci anch’io?». Anna mi dice che è meglio da soli. Mettono le sedie in cerchio e li sento confabulare. Anna cerca di convincerli che non si può rinunciare all’attività della Posta, è “troppo importante per tutti”. Li vedo armarsi di foglio e penna… poi si avvicinano alla cattedra, mi consegnano un foglio. Ognuno ha scritto: «Sono stato io!», con a fianco la propria firma, Anna, Davide, Nicola, Paola, Sara…
Provo una profonda commozione e per qualche minuto non posso parlare. Ma chi gliel’ha suggerita una cosa simile? I bambini mi fissano per vedere la mia reazione. «Devo proprio ringraziarvi bambini, oggi siete stati voi i miei maestri e mi avete insegnato cosa sia l’amicizia e dove può arrivare. Non solo avete perdonato chi ha fatto uno sbaglio, ma siete stati pronti ad assumervi la responsabilità al posto suo. Siete stati davvero grandi anche se avete solo 7 anni. Questo vostro gesto, fatto tutti insieme, mi dimostra che possiamo continuare ad avere la nostra Posta in classe». Tutti sono sollevati, si intrecciano sguardi di intesa. Mi chiedo come sarà risuonato nel cuore del “colpevole” quanto accaduto.
Passano due giorni e una mattina trovo Sara nel corridoio ad aspettarmi. Entriamo in biblioteca e lei scoppia in un pianto liberatorio. Aveva scritto quel messaggio per vendicarsi di quello che le era sembrato un torto subito da parte di Paola. Ma quanto si sono detti coi compagni e quanto hanno scritto, non l’ha lasciata indifferente. «Ci ho pensato pure la notte – ammette singhiozzando -, ma poi ho deciso di dirtelo». Ecco cosa significa crescere insieme e sperimentare “la forza del noi”!