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Italia > 80 anni da Hiroshima

La follia di affidare la nostra sicurezza alla “bomba”

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

Hiroshima e Nagasaki hanno cambiato la storia dell’umanità posta davanti al suo possibile autoannientamento. Un crimine di guerra rimosso dalla coscienza  collettiva. Gli ordigni presenti in Italia. Dal numero di agosto 2025 della rivista Città Nuova

Hiroshima Peace Memorial Museum. Nel 1945, gli Stati Uniti sganciarono due bombe nucleari sulle città di Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e il 9 agosto, uccidendo più di 200.000 persone. EPA/DAI KUROKAWA

«Se avessimo perso, sarei stato processato come criminale di guerra. Fortunatamente eravamo dalla parte dei vincitori». Così il generale statunitense Curtis LeMay noto per aver programmato la notte tra il 9 e 10 marzo 1945 un bombardamento a bassa quota sui quartieri densamente popolati di Tokyo:  334 caccia B-29 gettarono su migliaia di case in legno circa 11 mila tonnellate di ordigni secondo la strategia già adottata in Europa di colpire non solo gli obiettivi militari e industriali ma le aree densamente popolate dei centri urbani per piegare ogni resistenza del nemico. Una direttiva teorizzata per primi dall’aviazione britannica e da quella italiana con l’opera di Giulio Douhet “Il  dominio dell’aria” (1921).

Hiroshima WWII. EPA/HIROSHIMA PEACE MEMORIAL MUSEUM

LeMay fece parte della catena di comando finale che autorizzò il 3 agosto 1945 il colonnello Paul Tibbets ad eseguire la “missione di bombardamento speciale n.13” sulla città di Hiroshima il seguente 6 agosto alle 8.15 della mattina. L’evento che ha segnato il cambiamento radicale di era dell’umanità intera, esposta, da quel momento in poi, alla possibile autodistruzione.

La ricerca dell’ “arma invincibile” ha segnato l’inizio del secolo scorso. Una prospettiva così angosciante da spingere nel 1939 Albert Einstein e  Leó Szilárd a chiedere al presidente Usa Roosevelt di attivare una colossale attività di ricerca in grado di battere sul tempo i programmi promossi da Hitler per l’utilizzo di una nuova forma di energia a fini bellici.

La scoperta dell’energia nucleare ha visto l’Italia in prima fila con l’attività dei “ragazzi di via Panisperna”, giovani scienziati dell’università di Roma coordinati da Enrico Fermi che riuscì a riparare negli Usa nel 1938 dopo essersi recato in Svezia per ricevere il Nobel per la Fisica.

Fermi fu uno dei protagonisti del progetto Manhattan, il programma di ricerca e  sviluppo militare,  diretto dal generale Leslie Groves, finanziato da Roosevelt con il concorso di Regno Unito  e Canada. Un consorzio delle migliori menti, in gran parte fuggite dall’Europa, coordinate dallo statunitense Robert Oppenheimer. Tra di loro anche il polacco Joseph Rotblat che abbandonò il progetto nel 1944, quando si rese conto che la Germania non avrebbe potuto più portare avanti la produzione della bomba atomica.

JOSEPH ROTBLAT Ansa Archivio

Di Rotblat,al quale è stato assegnato il Nobel per la pace nel 1985, non si fa cenno nel recente film su Oppenheimer del 2023 in cui emergono invece i tentativi di alcuni scienziati di evitare la sperimentazione del nuovo potente ordigno contro la popolazione  civile per un utilizzo, in alternativa, in un’ area desertica  a scopo dimostrativo. La scelta del presidente Henry Truman, succeduto a Roosevelt nell’aprile 1945, fu invece quella di colpire non una ma due città, Hiroshima e Nagasaki, nonostante il parere contrario di alcuni vertici militari.

Sono note le dichiarazioni del generale Dwight D. Eisenhower («In quel momento il Giappone stava cercando un modo per arrendersi il più dignitosamente possibile. Non era necessario colpirli con quella cosa spaventosa») e dell’ammiraglio capo di stato maggiore  William Leahy ( «Non mi fu mai insegnato a fare la guerra in questo modo, e non si possono vincere le guerre sterminando donne e bambini»). Da presidente degli Usa, Eisenhower denunciò nel 1961, in un discorso che continua fare testo, lo strapotere del complesso militar industriale in grado di mettere in crisi la democrazia e la stessa cultura di un popolo.

L’uso dell’atomica a fini umanitari si trova invece nelle memorie del premier britannico dell’epoca, Winston Churchill ( «Eravamo entrati in possesso di un mezzo provvidenziale per abbreviare il macello. Un miracolo di liberazione») mentre Einstein attribuì dalle colonne del New York Times quella decisione degli alleati occidentali all’esigenza  «di metter fine con ogni mezzo alla guerra nel Pacifico prima della partecipazione della Russia» al conflitto con il Giappone. Il grande scienziato impiegò il resto dei suoi giorni per il disarmo nucleare.

Restano scolpite nella storia, come fonte di riflessione, le parole di Truman dopo il lancio dell’atomica su Hiroshima. «Abbiamo speso più di due miliardi di dollari sulla più grande scommessa scientifica della storia»… «con questa bomba noi abbiamo ora aggiunto un nuovo e rivoluzionario avanzamento in termini di forza distruttrice».

Una foto d’archivio Ansa del 17 luglio 1945 mostra (da sinistra) il premier britannico Winston Churchill (sinistra), il presidente degli Stati Uniti Harry Truman (secondo a sinistra) e il leader russo Joseph Stalin (secondo a destra) alla conferenza di Potsdam, in Germania. ANSA/STR

Il preteso vantaggio sull’esclusività nel possesso dell’arma atomica è poi durato fino al 1949 con il primo esperimento atomico dell’Unione Sovietica. Dando vita al lungo periodo al cosiddetto “equilibrio del terrore” che ha visto in campo due contendenti principali con altri attori minori impegnati in uno “stallo alla messicana”: la classica immagine dei pistoleri immobili con le armi puntate tra di loro.

Oggi, a 80 anni dall’agosto 1945, il quadro complessivo appare fuori controllo, con 8 Paesi (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Pakistan, India e Corea del Nord) che detengono ufficialmente le armi nucleari, Israele che le possiede senza dichiararlo (il Mossad nel 1986 rapì a Roma il tecnico Mordechai Vanunu per impedire la fuga di notizie), mentre tanti altri Paesi sono interessati ad entrare nel club atomico.

L’Iran è sotto attacco militare preventivo di Israele e Usa nonostante le dichiarazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sulla mancanza di prove sulla costruzione di ordigni nucleari da parte di Teheran mentre tutti sanno, ad esempio, del coinvolgimento dell’Arabia Saudita con il programma nucleare pakistano.

Anche il generale Carlo Jean parla, sulla rivista dell’Istituto Aspen, di un corsa incontrollata al riarmo nucleare, auspicando, da parte sua, una capacità autonoma europea che richiederebbe, tuttavia,  la costituzione di una confederazione di stati oltre a notevoli investimenti.

Ben 100 miliardi di dollari nel 2024 (+10% sul 2023) sono andati al riarmo nucleare, oltre la metà in Usa, secondo l’ultimo rapporto di Ican, Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari.

Come afferma Jean, la detenzione delle armi nucleari viene potenziata dalla strategia risalente a Machiavelli dell’utilità di fingersi matti per incutere terrore davanti ad esiti innominabili.

Di vera e propria follia ( alienum est a ratione) della guerra nell’era nucleare parla l’enciclica Pacem in Terris di papa Giovanni XXIII del 1963.

Superando ogni interpretazione controversa, papa Francesco ha condannato apertamente non solo l’utilizzo delle bombe nucleari ma anche il loro possesso, schierando la Santa Sede a favore del Trattato del 2017 di messa al bando delle armi nucleari approvato dalla maggioranza dei Paesi dell’Onu sempre più insofferenti verso lo strapotere delle potenze nucleari e dei loro alleati.

A prescindere dal colore politico dei governi, l’Italia è schierata finora contro tale trattato e detiene nelle basi di Aviano (PN) e Ghedi (BS) decine di ordigni nucleari statunitensi da innestare sui caccia bombardieri F35 in dotazione anche alla nostra aviazione. Nulla sembra aver scosso tale decisione nonostante la campagna di opinione “Italia ripensaci” sostenuta anche da decine di associazioni cristiane.

Di fatto, anche se il bollettino della Federazione degli scienziati americani, ci avverte della condizione di massima insicurezza di una tale proliferazione di armi nucleari, resta la convinzione implicita della garanzia assicurata dalla bomba nucleare.

Simulazione lancio  bomba atomica presso l’Hiroshima Peace Memorial EPA/FRANCK ROBICHON

In fondo, anche l’assuefazione in questi 80 anni verso l’orrendo bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, il mancato scandalo verso un ulteriore “inutile strage”, incapace di mettere in discussione la  responsabilità di un crimine di guerra, rimanda all’intuizione di Thomas Merton, monaco trappista del Kentucky indicato come esempio da papa Francesco quando si recò negli Usa nel 2015. In un suo scritto del 1962, circolato clandestinamente, Merton riscontrava nella società moderna, sotto una verniciatura formalmente cristiana, «la realtà di una spaventosa vacuità della mentalità di massa, senza morale, senza compassione e senza senso che rapidamente torna alla barbarie e alla superstizione» fino a cedere «alla danza della guerra tribale e totalitaria e all’idolatrica venerazione della macchina».

Intuizione profetica se si pensa all’affidamento all’intelligenza artificiale dei sistemi d’arma sempre più sofisticati, con algoritmi che decidono il numero accettabile di vittime sacrificabili in base all’importanza dell’obiettivo strategico da colpire. Alcuni esperti parlano  di “un’ Apocalisse affidata alle macchine”. C’è poca logica in questa follia.

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