La festa dell’insignificanza

Milan Kundera torna con un breve romanzo che ricalca i suoi temi favoriti – la crisi della ragione sorta nel comunismo, il radicale relativismo delle relazioni umane, la drammatica avventura nichilista del Vecchio Continente –, ambientando questa volta la vicenda a Parigi, intorno ai Jardins du Luxembourg
La festa dell'insignificanza di Milan Kundera

Scrittore ceco da tempo trasferitosi a Parigi, Milan Kundera torna con un breve romanzo la cui migliore qualità è, come in altri casi quali L’insostenibile leggerezza dell’essere e Il valzer degli addii, il titolo. Kundera è geniale nello scegliere le giuste parole incatenate tra loro da mettere in copertina. La festa dell’insignificanza non si distacca dai suoi temi favoriti – la crisi della ragione sorta nel comunismo, il radicale relativismo delle relazioni umane, la drammatica avventura nichilista del Vecchio Continente –, ma trasporta la scena a Parigi, attorno a quei Jardins du Luxembourg che sintetizzano in modo sublime il modo laico e areligioso di avvicinare l’esistenza umana.

La vicenda raccontata non è semplice, ma costruita, tra uno Stalin pentito e una dama svolazzante di nulla, quattro amici ex-comunisti senza nessun avvenire e una madre che ha rifiutato il proprio figlio. Una festa non ben identificata raccoglie questa corte dei miracoli in un vacuo crescendo di intensità e di emozioni createsi attorno a… una piuma svolazzante. E a ripetute riflessioni sull’ombelico che le ragazze portano ormai scoperto: «L’ombelico non dice nulla della donna che lo porta, ci parla di qualcosa che non è questa donna», afferma Alain, uno dei quattro. Facendo il pari con quanto dice un improbabile Stalin pentito: «Mi sono sacrificato, compagni, per l’umanità… cioè quello che ho potuto vedere intorno a me con i miei occhi… il nostro bel sogno è crollato come un immenso edificio di cui abbiamo distrutto i pilastri». Cioè, appunto, l’insignificanza.

Con un sussulto finale di Ramon: «Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla». Siamo alle soglie del senso più profondo della vita, per chi vuole capirlo, una sorta di mistero pasquale laico, in cui l’insignificanza amata può diventare amore. Chissà se lo stesso Kundera ne è cosciente.

 

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