A che cosa è mai fedele quella trottola politica che è Donald Trump? A che cosa l’Europa e le sue tante versioni? A quale idea politica è fedele l’Ucraina di Zelensky? A quale Vladimir Putin e la sua Russia che pare seguirlo in massa? Sono le domande, alcune delle domande, che ci si dovrebbe porre in questi tempi di incertezza politica internazionale. Solo domande, perché le risposte sono vaghe e discutibili.
Cominciamo da The Donald, unto del Signore e deus ex machina, tsunami che dall’inizio dell’anno sta mettendo a soqquadro la politica globale. Le sue affermazioni apodittiche, apparentemente definitive, si rivelano immancabilmente tatticismi discutibili nell’unità di tempo determinata dall’intervallo tra un post su X e l’altro. Trump appare fedele solo a sé stesso e all’idea degli Stati Uniti come “i più grandi”, è un imprenditore (o piuttosto affarista) che non esita a far soldi approfittando della sua posizione dominante. Trump distrugge, almeno a parole, l’Alleanza atlantica (e più in generale la fedeltà al blocco uscito vincitore dalla Seconda guerra mondiale), oltre che gli storici legami con l’Europa. Talvolta fa intendere persino di essere più vicino a Putin che all’Europa, mostrando insofferenza per le posizioni a suo dire vittimistiche di Zelensky.
A cosa è fedele, invece, l’Ucraina? Il discorso anche in questo caso non è semplice, perché la storia non è così univoca come talvolta si vuol far credere: le popolazioni russofona e quella ucrainofona erano fino a pochi anni fa non lontane dalla parità, e in ogni caso la storia dei due Paesi e dei due popoli (o più popoli?) è intimamente interconnessa. Il legittimo desiderio di libertà e di vicinanza col mondo europeo e occidentale è posteriore (salvo per piccole minoranze ucraine) alla caduta del Muro di Berlino, ed è diventato palese solo nel 2014. Fedeltà degli ucraini alla libertà? Questo sì.
Analogamente complesso è il discorso sulla fedeltà dell’Europa. Perché non c’è unanimità sulle radici del Vecchio continente e dell’Europa moderna. Fedeltà all’Alleanza atlantica? Forse, ma i salamelecchi rivolti a Trump a tratti erano imbarazzanti e suonavano orribilmente opportunistici. La coesione europea di facciata è in realtà quasi nulla, come ha detto a chiare lettere Mario Draghi al Meeting di Rimini. Fedeltà dunque alla democrazia liberale e ai diritti umani? Sì, però le differenze su quel che sta dietro queste espressioni sono evidenti a tutti. L’unità monetaria dell’Europa, anzi dell’Unione europea, non basta, non si può essere fedeli solo a una moneta.
Infine, Vladimir Putin, che appare malgrado i detrattori il più fedele al proprio background ideologico, all’idea di Grande Russia e al centralismo dell’Unione Sovietica, seppur ridipinta in salsa neo-ortodossa. Si tratta di pragmatismo puro, non più di ideologia, neanche nel caso del presidente russo, dunque.
Non rimpiangiamo la Guerra Fredda e lo scontro tra una visione collettivista e una capitalistica. L’epoca post-ideologica è un puzzle di idee in fondo meschine e di piccoli valori senza grande coerenza: in ogni caso tale puzzle non costituisce più un “sistema di pensiero”. È difficile dirsi fedeli a questi brandelli valoriali, senza una coerenza del sistema e della vita dei membri di una comunità di cittadini. Trump ha forse questo di buono: ha fatto cadere tutti i paraventi, lasciando nuda la sola fedeltà a sé stessi. In fondo, a ben guardare, anche l’Ucraina, le diverse Europe e la Russia paiono adeguarsi a questa way of life, magari considerando non solo il proprio io personale, ma uno più collettivo. Siamo in un vuoto di idee e valori, questa è la realtà. Forse è l’epoca giusta per i cristiani, che potrebbero dimostrare la coerenza della propria fedeltà al Vangelo. Ma dove sono i cristiani europei?